Beatrice Achille – Inediti

Beatrice Achille è nata a Trieste nel 1996, studia filosofia all’università Ca’ Foscari di Venezia e ha scritto soprattutto per il teatro, tra cui Incomunicabilità. Un’offerta teatrale e Il Confine. A Trieste è una delle fondatrici del collettivo poetico ZufZone ed è una dei curatori della collana di poesia I libretti verdi, presso la casa editrice Battello Stampatore. Con la videopoesia Il ritmo della malata, diretto da Leone Kervischer, ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui la menzione speciale al K3 Film Festival di Villach e al Duende art festival di Barcellona. Con l’installazione sonora Mnestica ha partecipato alla mostra Immaginare il Patriarcato (2019). Ha preso parte a Poetikon – Poesia contemporanea slovena, coordinato da Rodolfo Zucco, e ha pubblicato vari lavori per alcune riviste letterarie.

 

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Dalla raccolta inedita Lunarità

 

Preludio a Lunarità

volge involuta come al vento mezza luna
riflettendo in tutte le cavità spettrali
con un raggio che non illumina ma ombreggia
non rivela ma suggerisce appena e sfuma

esistenza che deduce senza creare
si addossa al mondo sperdendone il suo pensare
dimentico riluce da sé illuminato
ma muore naufrago disteso in un pensato

atto corporeo o apparizione lunare
nell’incontro il pensare muove di marea
prima identifica come spargere sale
poi minerale sprofonda via dall’idea

semina salsedine il canto di sirena
che la volontà trasmuta in danza flebile
trascina ad affondare e si resiste appena
si naufraga soltanto su sabbia sterile

gettare nell’abisso la navigazione
senza ricordare del mattino o del Sole
ma ancorare tutto al diafano riflesso
per mancanza di coraggio o di un puro amore

la notte intiepidita da un raggio rifratto
voce celeste che s’illumina insaputa
ma la volontà deve volere ogni gesto
così da innalzare a meraviglia anche l’atto

silenzio distillato in musica o canzone
danza l’esistenza sino a libertà
il tempio della possibilità d’azione
alla luna le sue porte serrerà

si deve evolvere la lunarità
trasmutarne la luce nel ritorno al Sole
ondula polvere si ricaverà
evaporate al fuoco le ombre più paurose

diviene il campo dell’anima che innamora
in cui sboccia morale la propria magia
rarefatta si ritira l’analogia
ogni parola si ristringe poi svapora

 

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appaiono tre scrigni

il giardino del latte e del miele
il tempio della pietra sacra
il deserto

 

la scelta è dolce
chiaroscuri equilibri di forze – di destino in destino
un’anima è un’offerta, un sacrificio – un atto di coraggio per coerenza

appaiono tre scrigni – il primo profumava di menta

 

*

 

appagando i desideri si assopisce
ma deve sempre tornare vigorosa
quando nell’incubo nero fallisce il sonno
riconducendo alla veglia miracolosa

eremita si rivolta nel terzo scrigno
che sbuffa e sibila una polvere o una sabbia
rantola nell’aria un bisbiglio di serpente
dopo il giorno sanguigno e la notte inclemente

s’apre il deserto
ci si accosta al niente

nomade nella vita nomina le rocce
passo dopo passo tra le dune e le fosse
avvolto nella sete non esiste che il corpo
rappreso lungo un filo di coraggio cocente

il lunare fiancheggia il diurno
mentre l’erede resiste dormiente e si spreme
la costola, vira la bussola e nota Saturno,

lo sovrasta il firmamento

infine,
infine

un alito di vento

 Ci fu un vento impetuoso e forte che
fendeva i monti e spaccava le rocce
(ma il Signore non era nel vento).
Dopo il vento, un terremoto (ma il
Signore non era nel
terremoto). Dopo il terremoto, un
fuoco (ma il Signore non era nel
fuoco). Dopo il fuoco, il sussurro di
una brezza leggera.

1RE, 19, 11-12

 

*

il deserto interiore è disteso nel gesto
s’apre come una rosa di sabbia o miglio emerso

l’azione diviene il compimento, l’oasi – volerlo
l’intero deserto, volerlo
nel suo condursi duna a duna avverso

esistere, solitari, nella traversata
nella sete, nello sforzo dell’assenza

volerlo è già si sussurra un lieve vento
un sollievo che sibila tra le palme il movimento

desiderio desiderante – deserto anelante
privo di vincita privo di perdita non permette errore
ma solo, lentamente, con amore, l’intento conduce alla salvezza

così come dopo la traversata a piedi scalzi
sulla sabbia bruciante, tra i sassi,
si rivela nella notte una speranza, più che rivelazione una certezza,

 

Dio,

tua figlia, tua creazione, ti nomina
come solo un esistente può nominare