
IscrittoLuglio 28, 2021
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Michele Paoletti (17 Luglio 1982) è nato e vive a Piombino (LI). Si è laureato in Statistica per l’economia presso l’Università degli Studi di Pisa e si occupa di teatro, per passione, da sempre. Ha pubblicato le raccolte Breve inventario di un’assenza (Samuele Editore 2017) e Come fosse giovedì (puntoacapo Editrice 2015). La silloge breve Foglie altrove è apparsa nel n. 56 della rivista “Gradiva” (Leo S. Olschki Editore) in Semina lumina – La giovane poesia italiana a cura di Giancarlo Pontiggia. Collabora con siti e blog letterari e coordina il gruppo di lettura “Assaggialibri” che organizza eventi e presentazioni di libri.
Giovanni Orelli, L’opera poetica. Con inediti, introduzione di Pietro Gibellini. Con una nota critica di Massimo Natale, Novara, Interlinea, 2019,...
Luigi Palazzo è avvocato, autore di contributi giuridici su riviste di settore, impegnato in progetti culturali e sociali, ha firmato testi e regie teatrali. “Non raccontarmi il cielo” (Manni, 2019) è la sua prima raccolta poetica. Alcuni inediti sono apparsi su blog letterari.
Zoé Valdés, nata a La Habana nel 1959, esiliata a Parigi dal 1995 dopo essere stata addetta culturale del governo caraibico presso l’Unesco, porta sempre la capitale cubana nel cuore. Tra le sue opere di maggior successo, edite in Italia: Il nulla quotidiano (Giunti, 1998), La vita intera ti ho dato (Frassinelli, 1997), Café Nostalgia (Frassinelli, 2000), Tu mio primo amore (Frassinelli, 2002). La sua poesia è pubblicata in Spagna e Francia: Respuestas para vivir, Todo para una sombra, Vagon para fumadores, Los poemas de La Habana, Cuerdas para el lince, Une habanera a Paris, Anatomia de la mirada, La gana sagrada (poesie adolescenziali). Molti romanzi inediti in Italia: Milagro en Miami, Lobas de mar, La eternidad del instante, Los misterios de La Habana, Bailar con la vida, La mujerquellora, La Habanamonamour, La selvajeinocencia, Desirée Fe, pajaro lindo de la madrugada, La casa del placer.
Aleksandr Malinin è nato nel 1991 a Joškar-Ola; attualmente vive a San Pietroburgo. Suoi versi sono stati pubblicati sui siti letterari “Polutona”, “Literratura”, “TextOnly” e nelle riviste “Vozduch” e “Nosorog”. Ha pubblicato le raccolte poetiche Legkij vzmach peki [Il lieve battito del fiume] (2016), Nevod [Rete a strascico] (2016). Ha partecipato al tredicesimo Festival dei nuovi poeti. Suoi versi sono apparsi in traduzione italiana nell'antologia Planetaria (Taut 2020).
Paolo Galvagni è nato nel 1967 a Bologna. Nel 1991 si è laureato in Lingua e Letteratura Russa presso l’ateneo bolognese, con una tesi dal titolo “Turgenev tra Pietroburgo e Pechino”. Grazie a una borsa di studio post lauream, ha frequentato corsi di russo e di ucraino presso l’Università Nazionale di Kiev. Dal 1992 collabora con riviste e case editrici, per le quali esegue traduzioni dal russo e dall’ucraino.

Vincitore di numerosi premi tra i quali vari Premi Pushcart, Levis Reading ed il Lucille Medwick Memorial dalla Poetry Society of America e la borsa di studio Ruth Lilly and Dorothy Sargent Rosenberg della Poetry Foundation.
Ha fondato e dirige DivideAppear e tiene una rubrica settimanale per la Paris Review.
Sta attualmente curando un’antologia di poesia dello spirito per Penguin Classic.

Ha pubblicato una decina di libri di poesia, l’ultimo (Poesía no eres tú, uscito nel 1972) è un ampio compendio dei precedenti.
Alex Bertozzi, venticinque anni, ha studiato al classico a Faenza e ha conseguito la laurea triennale in lettere moderne e la specialistica in italianistica all'Università di Bologna. Attualmente insegna al liceo a Faenza.

(Puntacapo editore)
Lettura di Piergiorgio Viti
Esco di casa dopo aver visto lo struggente “Sorry we missed you” di Ken Loach e mi torna in mente “Corpo dea realtà - Corpo della realtà” (Puntoacapo editore) dell’ottimo Fabio Franzin, letto meno di un mese fa. Il libro, già vincitore del V premio Fortini, e il film sembrano viaggiare su binari paralleli: la precarietà esistenziale e la disgregazione dei rapporti umani, schiacciate entrambe dalle coercitive regole del mondo del lavoro. Sì, quel lavoro che logora, consuma, che sembra in grado di annullare persino la vita stessa dell’autore veneto, classe 1963, poeta-operaio come lo fu, a suo tempo, Luigi Di Ruscio, il quale per anni lavorò in una fabbrica di chiodi in Norvegia. La dura condizione lavorativa, già ampiamente trattata da Franzin nelle precedenti sillogi, come per esempio in “Fabrica” (a quando una ristampa?) assume sempre di più i connotati di un Purgatorio dove la natura umana è continuamente violata. Alla crisi economica, sociale, antropologica non si può che opporre però una sterile resistenza, per cui “Scrivere è cancellare”: al poeta rimangono soltanto le parole, le poche parole “per resistere/, per rimanere a galla nel fondale della storia.”. Paradigma di questa strenua resistenza è il testo “Partigiano della terra”, tra i più notevoli; in una vasta area in cui sorge il centro commerciale di Marcon, l’autore nota l’unica casa contadina rimasta; il “partigiano della terra” , fra mega supermarket, outlet, parcheggi e rotonde, mai arresosi al cancro della speculazione, è lì che continua a vivere la sua vita semplice, arcaica, tuttavia forse per questo più autentica. La condizione da “sopravvissuto” fa dire a Franzin, in una chiusa-manifesto pregna di umana compassione, che “mi sento fratello/ di quest’ultimo partigiano della terra”.