attanasio di questo mondo

Giovanna Rosadini su Daniela Attanasio – Da Atelier 74

attanasio di questo mondo

 

Giovanna Rosadini legge Di questo mondo di Daniela Attanasio

 

Da Atelier 74 (giugno 2014)

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Anni fa mi capitò di assistere a un concerto di Herbie Hancock, dotato musicista di colore, uno degli indiscussi protagonisti della scena americana contemporanea. Parlando della sua musica, a un certo punto disse: “What is music for?” e, subito dopo, così si rispose: “To celebrate life”.
L’episodio mi è tornato in mente finita di leggere l’ultima raccolta poetica, la quinta, di Daniela Attanasio, uscita per Aragno che, non a caso, s’intitola Di questo mondo.
Aggiungo subito, ad evitare equivoci, una precisazione: come per la musica di Hancock, non c’è nulla di ingenuo o di naïf nella poesia di Attanasio, nessuno slancio banalmente vitalistico o, tanto meno, l’esibizione di una disincantata consapevolezza. Al contrario, è la realizzazione di una dimensione laica, perfettamente significante e significativa, dell’esistenza: è la vita che basta a se stessa, si basta e trova in sé il proprio fondamento e le proprie ragioni.
In questo senso, è una scrittura che si riallaccia (e prosegue) la lezione di grandi maestri del Novecento come Sereni e Bertolucci e in cui si può cogliere la filiazione/fratellanza con altri autori contemporanei, quali Pagliarani e Luzi.
Diviso in due parti articolate al loro interno, la prima ritmata da liriche singole e la seconda composta da sequenze poetiche in linea narrativa (come già era avvenuto per Ritorno all’isola, la precedente raccolta), di questo libro colpiscono subito la scioltezza e la sapiente naturalezza del dettato poetico. La maturità stilistica si dispiega in un verso aperto e libero e in una precisione del dire che nulla ha mai di artificioso o ricercato: “Ci sono voci che cadono a terra come cortecce d’ombra” (11), “Poi la scarica e il panno del silenzio / sui corpi spenti” (guerra), “La casa affaccia su una sfoglia di nebbia senza cicatrici stirata a terra come una grande tovaglia” (52), “e un’aria muta poggiata sulle cose, un silenzio necessario”. C’è una straordinaria aderenza fra le parole e le cose, il mondo, I sentimenti, pur nell’asciuttezza e sobrietà di linguaggio; è una poesia quasi tattile, per la presa che ha sui paesaggi, sugli squarci di vita, in cui la fiducia nel linguaggio e nella sua resa espressiva è, da parte dell’autrice, totale e ben riposta. Una poesia in dialogo, con I vivi e i morti: memorabile il ritratto, in poche essenziali pennellate, di Amelia Rosselli, di cui Daniela Attanasio è stata amica, e poesia di memoria rievocativa (il dialogo notturno in auto di una coppia di innamorati). Voci transitorie si intitola, pertanto, una delle sottosezioni, a cui segue Dialoghi e interferenze. Ma al tema centrale ci introduce direttamente il titolo: sono testi dove viene registrata la propria adesione e partecipazione all’esistenza così com’è, con i pieni e i vuoti, le presenze e le assenze, le gioie, il dolore: “di questo mondo” l’autrice si fa carico, e mai come in questo libro Daniela Attanasio testimonia il sentimento di una compiuta pacificazione, non, si badi bene, in accezione diminutiva o rinunciataria, ma nella direzione di una conquistata pienezza, che deriva dalla consapevolezza del senso pieno e rotondo di ciò che si è vissuto, in tutta la sua complessità, ambivalenza e pluralità di voci e significati: “Noi siamo individui integri e guasti / abbiamo una chiave doppia da girare nella serratura / e se anche l’ingombro delle cose che pesano ci consuma / bramiamo la terra e quello che c’è dentro / guardiamo stupiti le immancabili stelle / e non cerchiamo risposte alla quadratura del cerchio” (14). La poesia è dunque L’arte del possibile (altro titolo presente nel libro, mutuato da Lowell), che si dispiega prima di tutto attraverso una vocazione per una forma del dire e del sentire: “geometria è un pensiero solido che non fa sconti agli inventori di follie / e alla fantasia dei giocolieri / serve a disegnare la forma dei versi per dire le cose come sono” (16). Ma anche: “La forma è il calco nascosto nella piega dell’occhio ? / volatile, come il panno che spolvera il piatto di cristallo / a casa di mia madre / dura, quando nell’aria schizza la sirena dell’ambulanza / e la sua lugubre scia racconta agli ancora vivi / la storia di una retta spezzata” (forma – che reca in epigrafe un memorabile verso di Anna Maria Ortese: “Solo la vita, a umiliazione dei critici, è forma”). Dunque “la forma della vita, ” per dirla col titolo più bello di Cesare Viviani, sempre cangiante, volatile e concreta… cui corrisponde la libertà e varietà di soluzioni stilistiche adottate dall’autrice, con una sapienza che non ne inficia la freschezza. Ecco dunque ancora il vecchio casale e i paesaggi della campagna toscana, inesauribile fonte di metafore, ma anche la splendida sezione, verso la fine del libro, intitolata Siracusa, dove, in un calcificato paesaggio urbano, “due facce dissanguate / si stanno studiando”, “L’amore semplicemente non si misura perché / non entra in nessuno spazio e non ha peso specifico / sprofonda nel vuoto o si accuccia in un angolo, a terra…”, “(lui ci ha vissuto dentro i falsi giuramenti / con la malvagità della sua buona fede / come un cattivo poeta vive delle sue parole)”. Per continuare, la serie di ritratti d’artista, da Enzo Cucchi a Marina Abramovich, che attesta la passione della poetessa per le arti figurative, e infine la figura degli amati scomparsi in controluce, “nei giorni coronati di luce che con noi sono esistiti”. Completa la raccolta l’acuta Nota critica di Paolo Di Paolo.

Giovanna Rosadini
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Daniela Attanasio, Di questo mondo, Torino, Aragno, 2013

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un testo tratto dalla raccolta:

C’è neve bianca e lucida di ghiaccio
che rimodella
nel segreto della copertura
un paesaggio sconfitto dall’uso.

Prendiamoci questo –
mi viene da pensare,
il bianco asfittico del ghiaccio
l’energia che schizza dalle radici
prendiamoci le possibilità
le tante possibilità
dalla sillaba alla poesia

le parole della passione
quelle dell’amore
il rispetto o la fiducia – al caldo sotto la lingua
prendiamoci il concreto del tatto
l’odore del mare e quello di un corpo
sotto le lenzuola
prendiamoci la benevolenza dei cani
i colori da un quadro di Rothko, i “lapsus” di Rosselli
lo scricchiolio del gelo che sfibra sangue e rami
l’ironia, la grazia –

il rumore animale dell’elicottero che sorvola il quartiere
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