Antonio Nazzaro – Inediti

Antonio Nazzaro (Torino, Italia, 1963). Giornalista, poeta, traduttore, video artista e mediatore culturale. Fondatore e coordinatore del Centro Cultural Tina Modotti. È direttore di diverse collezioni di poesia italiana e latinoamericana per differenti case editrici. Ha pubblicato le sillogi: Amore migrante e l’ultima sigaretta (RiL Editores, Chile; Arcoiris, Italia, 2018), Corpi Fumanti (Uniediciones, Bogotá, 2019) e Diario amoroso senza date, Fotoromanzo poetico (Edizioni Carpa Koi, Italia, 2021), La dittatura dell’amore (Edizioni Delta 3, collezione Aeclanum, Italia, 2022). Un libro di racconti brevi: Odore a (Edizioni Arcoiris, Italia, 2014) e il libro di cronaca e poesia: Appunti dal Venezuela, 2017, Vivere nelle proteste (Edizioni Arcoiris, Italia, 2017). Suoi testi sono stati pubblicati in differenti lingue su riviste e antologie nazionali e internazionali.

 

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adesso che non ho più il silenzio
ma un fischio senza fine

sento solo il silenzio degli altri
quello a fare solitudine

la lingua incagliata tra i denti
della parola non detta

quella di un mondo del lavoro
a negare la dignità senza dire

orfano di terra di madre
parlo con te acufene

un ascoltare te
che non ascolti me

 

*

 

sono una conchiglia di terra
muovo passi sul mattino alpino

alla finestra lo sguardo
fa il cielo mare piatto

sono una conchiglia
l’orecchio porta nella testa

l’eco degli oceani e dei mari
tutti quelli possibili dell’emigrante

l’acufene seduto sul lobo
canta mille lingue e terre

in un solo fischio

 

*

 

sento il canto delle sirene d’Ulisse
il richiamo dell’onda mediterranea

il frangersi della spuma degli oceani
il muoversi lento del lago

il vento a spazzare le strade d’Europa
il ciclone a scuotere le palme caraibiche
il turbinio delle foglie d’autunno

il pizzicare della cetra sull’incendio di Roma
il ritmo del charango sulla povertà dei barrios
il ballo del tango e delle balere di periferia

il suono dell’arte continuo
come Van Gogh lascio

l’orecchio sul comodino
a sentire lo scorrere del Rodano
a passare senza posa come un acufene

 

*

 

non mi perderò nella nebbia densa di Londra
trafitta dal canto perduto di Trafalgar

né in quella spessa dell’Eridano
a riecheggiare le urla della batracomiomachia

né in quella impigliata alle cime andine
attraversata dal fischiettare del Libertador

né in quella versata da Atena sulle coste d’Itaca
a nascondere lo sguardo d’Ulisse

né in quella dolce addormentata sulle Highlands
tessuta dagli elfi dell’acqua

il fedele acufene destriero dello stridio
dalle nebbie richiama alla terra

e non si può perdere il cammino
solo seguire l’infinito sibilo

 

*

 

ho un dio nella testa
sicuramente ortodosso

non scende mai dal pulpito
o dal minareto

la sua chiamata è costante
si è rubato il silenzio

confonde le parole sulla lingua
e gioca a girarmi intorno a farmi girare

è un demiurgo che non smette di battere
uno stakanovista dimenticato in miniera

sbatte come il vento le finestre
e si porta via i pensieri

anche quelli amorosi soffia via
lasciandomi in una solitudine piena

piena di lui ovviamente
e non è neanche bello

sembra un neon impazzito
che non smette di vibrare la luce

tutti mi dicono di non pensarci
ma lui non smette di pensarmi

acufene l’allarme che
un ladro non sa spegnere