© Fotografia di Erica Fortunato

Andrea Laiolo – Inediti

Andrea Laiolo nasce nel 1971. Si laurea con una tesi sulla valenza scenica del verso alfieriano, vincitrice del Premio Alfieri nel 1999. Si trasferisce poi nei pressi di Torino, dove attualmente vive e lavora. Astigiano di nascita è senese nell’anima. La sua prima silloge poetica è Punctus contra punctum, Edizioni dell’Orso, 2004 (Premio “Mario Pannunzio” per la Poesia nel 2005); sono seguite: I sedici soffi del martello, id., 2007; L’avvento della perfetta pantera, id., 2009; L’aranceto nel marmo. Misuratezza e ludicizia, Edizioni Joker, 2011; La neve blu, Achille & La Tartaruga, 2012; La città della festa. Icona senese, id., 2016; La Bellezza. Carme nautico, Edizioni Aurora Boreale, 2017; Aurea Ora, Bertoni, 2021. Ha pubblicato inoltre tre testi teatrali e vari interventi saggistici. Collabora regolarmente con la rivista online “Readaction Magazine”. Di recente pubblicazione è I figli del mattino (Readaction Editrice, 2022) raccolta di racconti ispirati agli antichi pittori della Scuola Senese e alle loro opere.

 

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Nell’antico miracolo del Creato,
quando cercavo nel mondo il mio eguale,
ma spinto dall’orgoglio inconfessato
di essere solo, tu apparisti, quale
il mio cuore ti aveva immaginato:
dispensatrice della volta astrale
al cui influsso mi vidi rinnovato
come al perenne prodigio floreale.
Da allora al tuo univo il mio cammino,
recando alle albe e ai tramonti il tuo nome;
per sempre solo, ma con te vicino;
oh tu impavida, sacra, così come
nell’antico miracolo del Creato
il mio cuore ti aveva immaginato.

 

*

 

Anima, mia anima, dimmi chi sono.
Parole senza tregua, finalmente,
affondano, smarrite, nel torrente.
Le sponde erbose, il bosco: tutto tace.
Non c’è suono, se non di muta pace.
La Natura è certa – inerte è l’uomo
e senza intento. Questo è il momento.
Anima, mia anima, dimmi chi sono.

 

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Sei il fruscio di un bosco di giunchi:
quali lisce carezze sono impresse
su quelle dure canne!
Sei il fruscio di un bosco di giunchi.

Sei la torre mai abbattuta dal fuoco:
le fiamme han colto la loro mèsse;
digiune di condanne.
Sei la torre mai abbattuta dal fuoco.

Il labbro soffia sul regno del corpo:
àlita incendio dentro la tua carne,
si imprime nel silenzio.
Il labbro soffia sul regno del corpo.

Sei una terra che odora di frutta ubriaca
e il seme dell’uomo non può scamparne,
ma affondarvi in silenzio.
Sei frutta che odora, sei terra ubriaca.

 

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Tu che hai occhi di stellato mare
e mani che materne
dischiudono il cielo,
espandi la tua forma luminosa
come un’ isola fra le onde, e ch’io beva
il raggio dei tuoi lunghi capelli.

 

*

 

La mia preghiera è divenuta sonno.
Come un pittore medievale, chiuso
nella bottega fra tavola e muro
o rannicchiato sugli aerei ponteggi,
mi inoltro nella notte in compagnia
di candele a segnalarmi del tempo
battiti ed illusioni. Quando l’opera
si arresta, ché la fiamma ormai vacilla,
prego te, oh Santa che non so ritrarre
a parole ed a colori, e il fervore
della mente ansietata mi si placa
nel pregare venuto in dolce sonno.
Domani l’opera sarà ripresa.

 

 

© Fotografia di Erica Fortunato