Abortiti in battaglia

C’era chi era un abbraccio tremante

dentro il pianto della madre;

chi, di nascosto, salutava il suo ultimo amore;

un altro si specchiava nella divisa;

e chi si domandava se essere un arma

fosse cosa giusta.

 

C’era chi aveva sognato tra intermittenze-neon;

chi non aveva mai visto i serpenti di cemento;

e chi trascinava l’ombra, arando la collina.

Una non aveva mai nuotato il mare prima;

l’altra voleva imbiancarsi neve;

e chi farsi bruno sotto i raggi del sole.

 

Tutti costretti ad impallidire

dentro le fauci del fronte,

chiamati dalla bulimia di guerra

che domina il potente.

 

C’è chi è diventato polvere nel tempo,

chi a solleticare le radici di un ciliegio in fiore;

un’altra è una foto nel marmo

con inciso la data ed il nome;

e chi una preghiera monca,

per comprare un posto accanto al Signore;

una è una lettera tanto letta

da consumarne le parole.

 

C’è chi ha vestito di nero le mogli;

chi ha chiamato orfani i figli;

quello sempre solo, ora dimenticato;

e una seguita da lungo corteo, funerali di stato.

 

Tutti donati al piombo, abortiti in battaglia

dalla menzogna di una metamorfosi in gloria,

trasformati in croci di memoria

e nel freddo metallo di una medaglia.