Isabelle Poncet-Rimaud, Dialoghi con il giorno / Dialogues avec le jour

Isabelle Poncet-Rimaud, Dialoghi con il giorno / Dialogues avec le jour

Ladolfi Editore, 2022

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Recensione di Sonia Elvireanu

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La recente raccolta di poesie di Isabelle Poncet-Rimaud, Dialoghi con il giorno / Dialogues avec le jour, è stata appena pubblicata in italiano in una bella traduzione del poeta e traduttore italiano Giuliano Ladolfi. La poetessa francese non avrebbe potuto trovare un traduttore più raffinato e appassionato, per entrare in risonanza con la sua sensibilità, di Giuliano Ladolfi, il promotore in Italia di una poesia ancorata alla realtà. Due lingue, dai suoni diversi ma armoniosi, si incontrano per parlare della vita quotidiana.

Un dialogo con se stessi, giorno dopo giorno, permette a Isabelle Poncet-Rimaud di osservare con maggiore attenzione la realtà e di osservare se stessa attraverso i suoi sentimenti e i suoi stati d’animo. La poetessa, però, è attenta a non trasformare la scrittura nella cronaca di questo tempo sconvolto dalla pandemia, come fanno alcuni poeti e romanzieri. Non scambia la vera poesia con il minimalismo, con la prosaicità di un reale troppo accattivante, si mantiene all’altezza della grande poesia che sempre ha scritto. I testi si susseguono senza titoli, solo pochissimi ne hanno uno per segnare un evento, come il primo, Confinamento, per nominare una situazione insolita, vissuta non solo dalla scrittrice, ma dal mondo intero. È l’inizio di un tempo frantumato, pesante, paralizzante, quello dell’esilio imposto.

Coglie con sorpresa l’atmosfera pesante dello spazio che si restringe e che si chiude sull’uomo, la sensazione di essere prigionieri, l’incomprensione di una forza oscura che si infiltra nella vita delle persone, tenendole immobilizzate contro la loro volontà, l’ansia e la paura di fronte alla morte, tutte immagini che rimandano all’assurdo esistenziale di Camus. L’autenticità del vissuto durante l’isolamento diventa evidente e ogni lettore si ritrova nei versi di Isabelle Poncet-Rimaud.

La prima immagine è quella della città bloccata, dove il ritmo della vita si ferma improvvisamente. Un silenzio schiacciante regna ovunque, come un sudario, un presagio di morte, e pesa come un fardello sull’anima:

La città

a un punto morto, 

come un cane da caccia

fiuta la preda nascosta.

Tutto tace.

La città è paralizzata, sospesa tra la vita e la morte, l’uomo solitario, isolato, disorientato, in attesa: fine o rinnovamento. Solo l’uccello attraversa il silenzio della città immobile, simbolo del volo, della libertà, mentre il poeta, «sentinella sul balcone», osserva l’ora della vita o della morte, notte e giorno, tra angoscia e speranza:

Attesa attraversata dall’umore vagabondo

degli uccelli-semafori

che collega l’uomo caduto a terra

al linguaggio dimenticato del cielo.

Ridotto a una solitudine insopportabile, alla chiusura, alla paura, il dialogo con se stessi diventa fonte di resistenza psichica, proprio come la primavera che fa rinascere gli alberi, mentre le parole cercano di trasmettere sensazioni confuse, di comunicare la fragilità dell’essere le cui ore sembrano contate. Di finestra in finestra, lungo le strade deserte, gli sguardi di sopravvivenza, di riconoscimento di un’umanità condannata all’incertezza del domani, il richiamo alla vita, l’amore, il ricordo, il rimpianto senza consolazione per chi è stato travolto da questo tempo « pazzo », infelice. Come porsi contro la solitudine, l’isolamento, la paura di morire, se non affrontando queste realtà, sognando, sperando, trovando il ritmo naturale della vita paralizzata dalla paura? La Pasqua diventa un «segno di Speranza»:

Fare dell’esilio

una terra di ritorno,

dell’immobilità

una transumanza,

della distanza

un’accoglienza,

di una perdita

uno spartito

per le note della vita.

La metafora non manca di creare le immagini della vita in orizzontale e in verticale, soprattutto quella dell’uccello, tenuto prigioniero dallo sguardo, il quale ravviva il desiderio di fuggire dalla prigionia, di gioire della vita; o l’immagine dell’albero, legame tra terra e cielo, ricco di significato:

Cane da guardia in agguato

nella cavità dell’anima,

il vuoto aspetta

pronto a balzare

sull’ombra fugace

di un ricordo di libertà.

Dialoghi con il giorno/ Dialogues avec le jour di Isabelle Poncet-Rimaud non rimane nel peso dell’isolamento e della paura, ma riscopre la speranza, esorta alla vita, «al fervore dell’esistenza».

Sonia Elvireanu

(traduzione di Giuliano Ladolfi)

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Isabelle Poncet-Rimaud, nata nel 1947, originaria di Lione dove ha studiato Lettere. Dopo aver vissuto in varie regioni della Francia e del Belgio, si è stabilita nell’Alta Garonna.

Dal 1985 ha pubblicato sedici titoli in poesia, ha ricevuto premi tra cui quello di Società degli scrittori dell’Alsazia e della Lorena nel 1994.

È membro del French Pen Club, della Society of Writers of Alsace, dell’Académie Rhénane e dell’Académie Rhodanienne des lettres.

Pubblica su numerose antologie, francesi e straniere. Alcune sue poesie sono tradotte e pubblicate in Romania, Bulgaria, Albania, Portogallo, Spagna, Islanda, Grecia, India, Stati Uniti…

Attribuisce grande importanza all’incontro con altre voci o forme d’arte e ha collaborato con artisti, pittori, scrittori, musicisti, come il compositore Damien Charron che mette in musica alcune sue poesie cantate in Francia e all’estero.

Sito: isabelleponcet-rimaud.com