5

Mia madre qui, in questo sud che non è un sud,

aveva camicie da notte bianche e svolazzanti.

Non rideva più.

Incontrava in corridoio mia figlia,

nipote tanto amata, e le chiedeva: “chi è lei?”.

Voleva giacche invernali il 15 di agosto

e beveva la medicina frizzante

solo se mio figlio le raccontava una storia.

Era come aver perso una casa per sempre,

il letto della vita, quello dove è successo tutto,

dove si è pure partorito.

I gatti miagolavano fuori,

gli uccelli cantavano rauchi

e la sua voce si spegneva.

In quella estate maledetta scappammo

per riportarla in città, ma niente le poté dare niente.

Le telefonavo ma sembrava

che qualcuno avesse tagliato i fili

come nel paese di Marquez.

Mi coricavo e avevo le sue parole non dette.

Il suo silenzio.

Fummo noi, per un po’.

Poi più nulla

****

Quando ero ancora sana mi piaceva cucinare,

di più la domenica il sugo alla messinese.

Poi fare lo strudel e il babà mentre tuonava. E stirare.

Perché nel mentre pensavo, pensavo tantissimo, con calma,

e tutto mi si rassettava nella testa,

e quel gesto ripetitivo del braccio era rilassante.

E creavo storie, ma pensando anche a cosa dire ai medici di mia madre.

E poi avevo l’amore nella testa, e stirando le camicie e le lenzuola

gli innamorati diventavano tanti e avevano dita da baciare

e mani pallide da stringere

****

Pensate: c’è un luogo in cui vive l’uomo della vostra vita,

che vi avrebbe reso felice,

di cui non lamentarsi,

quello delle parole esatte e dell’amore.

Uno che magari vi ha sfiorato per strada,

che non avete degnato di uno sguardo,

che era vicino in treno,

che vi ha servito al market,

che stava in un letto di ospedale in una corsia qualunque,

quello che vive in una via sconosciuta,

che studia in biblioteca,

che sta in silenzio,

che sta pensando e che sa sorridere e tendervi la mano.

Un uomo. Una donna.

Un tema visto e rivisto. Al cinema. Nei romanzi di appendice.

In quelli seri, anche.

Però stamattina la sento questa fantasia,

e mi manca tutto nella testa.

E voi perdonatele queste sdolcinature e questi cazzo di pensieri