Io l’ho vista.
Una bambina sorridente dai denti bianchissimi.
Fa scuola in casa con la mamma
e la casa, la casetta, è un bilocale con piccola veranda,
è una casa a schiera
che cuoce nel caldo di una cittadina
di un Paese periferico dove gira la testa,
dove le parole americane si insinuano nello spagnolo,
un Paese dove si portano dei mini-asciugamani dietro le tasche posteriori dei pantaloni.
L’ho vista mentre suo papà
legge un passo dell’Antico Testamento.
La bambina mostra come sa cantare
la canzone della chiesa
nell’aria oppressa dalle combustioni,
nel paesaggio di spiazzi asfaltati e
fossi, di auto con ridicoli accessori, e nel rumore.
Ho visto sua madre truccarsi pesantemente
prima di prenderla per mano
nel Paese dove l’esercito statunitense, 1989,
sparò sopra una folla di civili, così,
con la storia del mostro butterato
ex collaboratore della CIA, la solita storia,
Paese dove la terra ripone sfumature rosse
sugli scarponi dei braccianti e i loro jeans larghi,
dove nei distillati della frutta abbonda il ghiaccio
e le perline di sudore costellano la fronte stempiata del papà.
L’ho vista sbattere i denti per l’emozione
davanti al chiosco di leccornìe,
davanti al sacchetto di palline zuccherate,
ho visto sua madre raccomandarle
di non prestare attenzione agli indigeni,
e la bambina indossava un cerchietto
con tre margheritine equidistanti
mentre sua mamma tirava le monete
fuori dal borsellino.