Thomas Lux – Tre inediti (traduzione di Emilio Capaccio)

luxThomas Lux (Northampton, 10 dicembre, 1946 – Atlanta, 5 febbraio 2017) è stato un poeta americano, autore di numerose raccolte, tra le quali, la raccolta d’esordio: Memory’s Handgrenade (1972); The Glassblower’s Breath (1976); Sunday (1979); Half Promised Land (1986); The Drowned River (1990); Split Horizon (1994), grazie alla quale ha ricevuto il prestigioso “Kingsley Tufts Poetry Award”; New and Selected Poems, 1975-1995, (1997), finalista, nel 1998, al “Lenore Marshall Poetry Prize”. Tre volte è stato designato destinario di borsa di studio da parte dl “National Endowment for the Arts” e ha ricevuto un “Guggenheim Fellowship”, per l’eccezionale capacità creativa e produzione culturale. È stato membro della facoltà di Lettere del “Sarah Lawrence College” di Yonkers, dove ha insegnato dal 1975 al 2001. È stato, inoltre, membro del “MFA Program for Writers” nel “Warren Wilson College”, ad Asheville, in North Carolina. Ha insegnato all’università del Michigan, Iowa, California.

Emilio Capaccio
è nato il 16 maggio del 1976. Ha vissuto a Campagna, provincia di Salerno. Vive a Milano.  Ha pubblicato in formato e-book: Malinconico Oscuro, traduzioni di poeti sudamericani inediti, con prefazione di Giorgio Mancinelli. Ha collaborato con la rivista internazionale di poesia: “Iris News”. Sue traduzioni e poesie sono presenti su vari siti, blog e nella rivista “Il Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria”. Ha pubblicato la raccolta poetica: Voce del Paesaggio, edita da Kolibris Edizioni 2016, con prefazione di Massimo Sannelli. Come curatore e tradottore ha pubblicato le raccolte inedite: Radice, del poeta spagnolo José Luis Hidalgo, Giuliano Landolfi Editore, 2017, e Princesse Amande, della poetessa francese Lucie Delarue-Mardrus, LietoColle, 2017. Thomas Lux
Tre inediti 
(traduzione di Emilio Capaccio)

THE PEOPLE OF THE OTHER VILLAGE

hate the people of this village
and would nail our hats
to our heads for refusing in their presence to remove them
or staple our hands to our foreheads
for refusing to salute them
if we did not hurt them first: mail them packages of rats,
mix their flour at night with broken glass.
We do this, they do that.
They peel the larynx from one of our brothers’ throats.
We devein one of their sisters.
The quicksand pits they built were good.
Our amputation teams were better.
We trained some birds to steal their wheat.
They sent to us exploding ambassadors of peace.
They do this, we do that.
We canceled our sheep imports.
They no longer bought our blankets.
We mocked their greatest poet
and when that had no effect
we parodied the way they dance
which did cause pain, so they, in turn, said our God
was leprous, hairless.
We do this, they do that.
Ten thousand (10,000) years, ten thousand
(10,000) brutal, beautiful years.

LA GENTE DELL’ALTRO VILLAGGIO

odia la gente di questo villaggio
e noi inchioderemmo i cappelli
alle nostre teste per non doverli calare davanti a loro
o cuciremmo le mani sulle nostre fronti
per rifiutarci di salutarli
se non li colpissimo per primi: ci spedirebbero i loro pacchi di ratti,
mescolerebbero nella notte la loro farina con pezzi di vetro.
Noi facciamo una cosa, loro ne fanno un’altra.
Loro scorticano la laringe dalla gola di uno dei nostri fratelli.
Noi strappiamo le vene a una delle loro sorelle.
Le fosse di sabbie mobili che costruirono furono efficaci.
I nostri squadroni da amputazione furono migliori.
Noi addestrammo gli uccelli a rubare il loro grano.
Loro ci inviarono ambasciatori di pace facendoli esplodere.
Noi facciamo una cosa, loro ne fanno un’altra.
Noi cancellammo le importazioni delle loro pecore.
Loro smisero di comprare le nostre coperte.
Noi prendemmo in giro il loro più grande poeta
e quando questo non ebbe effetto
schernimmo il loro modo di ballare
che causò dolore, così, a turno, loro dissero che il nostro Dio
era lebbroso, senza capelli.
Noi facciamo una cosa, loro ne fanno un’altra.
Diecimila (10,000) anni, diecimila
(10,000) brutali, bellissimi anni.

*

THE VOICE YOU HEAR WHEN YOU READ SILENTLY

is not silent, it is a speaking-
out-loud voice in your head; it is spoken,
a voice is saying it
as you read. It’s the writer’s words,
of course, in a literary sense
his or her “voice” but the sound
of that voice is the sound of your voice.
Not the sound your friends know
or the sound of a tape played back
but your voice
caught in the dark cathedral
of your skull, your voice heard
by an internal ear informed by internal abstracts
and what you know by feeling,
having felt. It is your voice
saying, for example, the word “barn”
that the writer wrote
but the “barn” you say
is a barn you know or knew. The voice
in your head, speaking as you read,
never says anything neutrally-some people
hated the barn they knew,
some people love the barn they know
so you hear the word loaded
and a sensory constellation
is lit: horse-gnawed stalls,
hayloft, black heat tape wrapping
a water pipe, a slippery
spilled chirr of oats from a split sack,
the bony, filthy haunches of cows …
And “barn” is only a noun-no verb
or subject has entered into the sentence yet!
The voice you hear when you read to yourself
is the clearest voice: you speak it
speaking to you.

LA VOCE CHE SENTI QUANDO LEGGI IN SILENZIO

non è muta, è un parlare
liberamente chiaro di una voce nella tua testa; è un dire,
una voce lo sta dicendo
come tu lo leggi. Sono le parole di chi scrive,
certo, in senso letterario
è la sua “voce”, ma il suono
di quella voce è il suono della tua voce.
Non il suono che conoscono i tuoi amici
o il suono di un nastro riprodotto
ma la voce
rinchiusa nell’oscura cattedrale
del tuo cranio, la tua voce ascoltata
da un orecchio interiore informato da sintesi interiori
e da quello che provi,
mentre lo stai provando. È la tua voce
che dice, per esempio, la parola “granaio”
che l’autore ha scritto
ma il “granaio” che dici
è un granaio che conosci o hai conosciuto. La voce
nella tua testa, che parla come tu leggi,
non dice mai alcunché di neutrale delle persone
che hanno odiato o amato
il granaio che conoscono o hanno conosciuto,
così senti la parola pregna
e una costellazione di sensi
s’accende: masticanti stalle di cavalli,
fienile, un nero nastro termico che avvolge
la tubatura dell’acqua, uno scivoloso
stridio diffuso dell’avena da un sacco rotto,
gli ossuti e sporchi stinchi delle vacche …
E “granaio” è solo un nome, non il verbo
o il soggetto che entra in seguito nella frase!
La voce che senti quando tu leggi a te stesso
è la voce più chiara: la voce che parli
mentre ti parli.

*

A LITTLE TOOTH

Your baby grows a tooth, then two,
and four, and five, then she wants some meat
directly from the bone. It’s all

over: she’ll learn some words, she’ll fall
in love with cretins, dolts, a sweet
talker on his way to jail. And you,

your wife, get old, flyblown, and rue
nothing. You did, you loved, your feet
are sore. It’s dusk. Your daughter’s tall.

UN PICCOLO DENTE

Alla tua bambina spunta un dente, poi due,
quattro, cinque, poi vuole della carne
direttamente dall’osso. Tutto

finito: imparerà qualche parola, s’invaghirà
di cretini, imbecilli, un dolce
filibustiere sulla strada per la galera. E tu,

tua moglie, diventi vecchio, sudicio, e non hai
rimorsi. Hai scopato, hai amato, i piedi
ti fanno male. È il tramonto. Tua figlia è grande.


Fotografia di proprietà dell’autore.