Marco Testi
Nota di lettura di Alfonso Guida
"Le anime di Marco Polo" (Giancarlo Baroni, Book 2015)
Lettura di Andrea Fallani
I viaggi dell’uomo europeo
Il vero viaggio di scoperta
non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell’avere nuovi occhi.
(Marcel Proust)
1
Mi avvicino alla finestra affacciata sul parco
al posto dei rami una parete di mattoni
impedisce al cielo di entrare mi soffoca la vista.
La foglia recisa dal ramo mi penetra nella carne
un lampo incendia questo giardino
e incenerisce il mio corpo
Quelli delle Anime di Marco Polo sono, in conclusione, viaggi nel tempo, su un asse diacronico, volti alla scoperta o riscoperta di inediti punti di vista sugli eventi e i personaggi storici. L’indagine arriva a prendere in considerazione fatti lontanissimi da noi, tanto da chiudersi all’insegna di una poesia in cui gli homo erectus vengono messi in scena, A Isernia la Pineta, caricando l’intera raccolta di un’eco dell’Uomo del mio tempo quasimodiano e facendo quindi emergere il sospetto che noi uomini sapiens sapiens abbiamo ancora molti tratti in comune con i nostri antichi progenitori:
Con questa conclusione il poeta sembra voler suggerire che ancora oggi l’evolutissimo uomo europeo, che ha esplorato e colonizzato tutto il mondo, che ha piegato la natura al proprio intelletto e conquistato il vertice della catena alimentare, non è, in fondo, tanto diverso dai primi ominidi apparsi sulla Terra. Nella storia dell’umanità allora l’unica evoluzione possibile è quella individuale, di particolari anime, come quella di Marco Polo, capaci di mettere da parte pregiudizi e luoghi comuni e partire alla scoperta dell’Altro.
Michele de Virgilio, Tutte le luci accese - Poesie 2011-2017, Ladolfi 2018
Nota di lettura di Alfonso Guida
Qui non si tratta tanto di letteratura, ma di umanità. De Virgilio scompone le sue giornate, vi trova inevitabilmente tessere di realtà. Come sa essere concreto questo giovane poeta. A Michele però sembra non interessi la poesia nel suo status letterario, astratto. Qui la poesia è funzionale a una lunga esperienza biografica. Tutte le luci sono state accese da un io non invadente, ma grato, portatore del sorriso senza del quale, diceva Chopin, non sarebbe possibile vivere. Michele ordina le sue storie più intime, i suoi fiori di siepe, i suoi nascondimenti segreti e non li impasta ai resoconti simpatici e volutamente leggeri del suo lavoro in un centro di riabilitazione di malati psichiatrici. Michele rasserena quando passa in rassegna le città viste, intraviste, sognate, non importa. E rende la disperazione una nuvola di primavera quando affronta le giornate dei malati o li fa parlare in dialoghi serrati, stringati, succosi, dialoghi origliati nei padiglioni dove è sempre luce sorvegliante. Nei reparti psichiatrici, lungo i corridoi, luci azzurrine restano accese tutte le notti. È la regola del controllo. Michele parla di queste luci ma anche delle luci festose di un giorno di liberazione, quando si aprirono i cancelli, e molti matti si inginocchiarono davanti a Basaglia. Spicca la tenerezza fraterna per Paolino, che davvero voleva vivere e lì, tra le gabbie, si è lasciato morire. Certi uccelli migratori, in stato di cattività, cominciano a beccarsi a sangue il petto fino alla morte. Si sappia. Tra i regni e le vite non c'è poi tanta differenza. È questo dato primeggia nelle poesie di Michele. È un libro che si legge con piacere. Io devo molto alla capacità di leggerezza con un dramma così imponente di questo giovane poeta. Qui la malattia non è esaltata e l'io autobiografico è contento perché è educato e resta al suo posto.
Marco Nicastro, Scatti della memoria, Buccino (Sa), Eretica, 2018
Nota di Lettura di Giuliano Ladolfi
Lettura di Eleonora Rimolo
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