dandrea transito dellombra

PILAR SASTRE TARDUCHY – INEDITI

TARDUCHY

Pilar Sastre Tarduchy nasce a Madrid. È laureata in Psicoenergetica e dal 2007 è direttrice di El Búho Búcaro “Poesia y Danza Spagnola”. Le sue poesie sono state pubblicate in diverse riviste e antologie in Spagna, Uruguay e Italia. Ha vinto il Premio “Selección Voces Nuevas” nel XXV Concorso di Poesia (Torremozas 2012). Ha ottenuto la menzione d’onore nel Concorso Internazionale di Poesia Revista Letra Nueva-Ediciónes Botella al Mar (Uruguay 2014) e la segnalazione “Justino Zabala Muñiz” a Punta del Este, Uruguay, per la Gestione Culturale.

Pilar Sastre Tarduchy

(inediti)
Traduzione dallo spagnolo di Gabriella De Fina

 

*

En la calle empedrada se deslizan
todos y cada uno de los interrogantes.
El eco en los pasadizos devuelve
los susurros de las ratas.

Ahora es tiempo de guitarra
y relámpagos de salida.
Sois noctámbulos de presagios
que no podéis conjurar.

Las llaves de esta puerta
no os pertenecen
y eso, os hace estar inquietos.

¿Pensáis que no me he dado cuenta?

*

Sulla strada acciottolata scivolano
uno ad uno tutti gli interrogativi.
L’eco nei sottopassaggi restituisce
i sussurri dei topi.

Ora è tempo di chitarra
e sprazzi di fuga.
Siete nottambuli di profezie
impossibili da scongiurare.

Le chiavi di questa porta
non vi appartengono
e ciò vi rende inquieti.

Pensate che non l’abbia capito?


*

Invisibilidad , destierro por mecánica
abrupta de sistema de piropos y
protocolo político familiar.

Existen los charcos, lagunas, lagos
y lágrimas desheredadas por una luz
parda en el nacimiento
que no nos es propio ni deseado.

Una vida larga y ya metidos en canas,
aún descubrimos que sabemos
menos y no comprendemos nada.

El lenguaje, las palabras, están llenas
de escaleras e intenciones,
y las emociones las perdemos enredadas
en los caminos buscando nuestra estrella.

Hablamos y no escuchamos, solo es una
escucha vacía sin piel, llena de matices
que exhortan manipulación y coacción,
para arrastrar y sesgar el corazón

que siempre está y da, sin pedir.
Ese encuentro una vez más, frente
al espejo del cielo abierto,
verifica que la muerte más dura está

en vida, sin saber ni entender esa invisibilidad,
y no en la muerte física que ya en sí misma
significa el descanso de tanto vacío.

*

Invisibilità, esilio per l’artificio
contorto di un sistema di galanteria e
deferenza politico familiare.

Ci sono pozzanghere, lagune, laghi
e lacrime diseredate da una luce
cupa alla nascita
che non ci appartiene né è desiderata.

Una vita lunga, i capelli ormai bianchi,
eppure scopriamo di sapere
meno e di non comprendere nulla.

Il linguaggio, le parole, sono piene
di scale e intenti,
e le emozioni si perdono disorientate
per le strade in cerca della nostra stella.

Parliamo e non ascoltiamo, solo un
ascolto vuoto senza pelle, colmo di sfumature
che esortano manipolazione e coercizione,
per trascinare e falciare il cuore
che è sempre lì a dare, senza chiedere.

Quell’incontro ancora una volta, di fronte
allo specchio del cielo aperto,
accerta che la morte più dura è

in vita, senza sapere né intendere quella invisibilità,
e non nella morte fisica che già di per sé
significa il riposo da tanto vuoto.

*

Eres pájaro triste y amargo,
pides, estrangulas
y utilizas la furia con torpeza.

No tienes palabras, solo ascuas embravecidas.

Ahora tengo los huesos rotos,
sin susurros ni caminos blancos
solo merece estar presente.

La televisión me deja dormir en el espacio vacío.

Llueve y la ropa vuelve a estar mojada,
con alivio toco la barandilla
de los escalones y evito realizar
un trabajo monótono y absurdo.

Me recojo como un ovillo
en el primer escalón,
para sentir la lluvia nocturna en mis pies
y preguntaros:
            ¿Dónde están los espejos
                                        que permiten dibujar palabras?

*

Sei uccello triste e amaro,
chiedi, strangoli
e usi una goffa furia.

Non hai parole, solo braci inferocite.

Ora ho le ossa rotte,
senza sussurri né sentieri bianchi
la sola cosa che merita è essere presente.

La televisione mi lascia dormire nello spazio vuoto.

Piove e la biancheria si bagna di nuovo,
tocco con sollievo il corrimano
delle scale e mi sottraggo
a un lavoro monotono e assurdo.

Mi raggomitolo
sul primo scalino,
per sentire la pioggia notturna sui piedi
e domandarvi:
            Dove si trovano gli specchi
                                               che permettono di disegnare le parole?


Pilar Sastre Tarduchy nasce a Madrid. È laureata in Psicoenergetica e dal 2007 è direttrice di El Búho Búcaro “Poesia y Danza Spagnola”. Le sue poesie sono state pubblicate in diverse riviste e antologie in Spagna, Uruguay e Italia. Ha vinto il Premio “Selección Voces Nuevas” nel XXV Concorso di Poesia (Torremozas 2012). Ha ottenuto la menzione d’onore nel Concorso Internazionale di Poesia Revista Letra Nueva-Ediciónes Botella al Mar (Uruguay 2014) e la segnalazione “Justino Zabala Muñiz” a Punta del Este, Uruguay, per la Gestione Culturale.

Fotografia di proprietà dell’autrice.

Gabriella De Fina (Potenza, 1958) è stata per molti anni attrice e regista e ha scritto per il teatro (con l’atto unico Frontera ha vinto il Premio “La scrittura della differenza testi di drammaturghe dal sud”, 2006). In seguito ha studiato traduzione letteraria per l’editoria e oggi traduce dallo spagnolo per case editrici nazionali e scrive. Ha curato l’edizione e scritto i testi di diversi volumi fotografici e il libro-denuncia No al pizzo (Thor Editrice, 2008). Ha pubblicato reportage su riviste geografiche e collabora con il Travel Magazine Latitudeslife; lavora inoltre come copywriter per l’agenzia milanese Genius Loci.
Per Atelier ha tradotto le poesie di Alessandra Tenorio Carranza.