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Bernardo Pacini – “Cos’è il rosso” (da Atelier nr. 73)

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 Francesco Ianone legge Cos’è il rosso (Firenze, Edizioni della Meridiana, 2013) di Bwernardo Pacini

 

La versione integrale può essere letta nella rivista Atelier, nr. 73, Marzo 2014

Il primo libro di Bernardo Pacini (classe 1987) già dal titolo Cos’è il rosso stupisce il lettore per originalità e intelligenza. Cos’è il rosso potrebbe significare qualsiasi cosa: è l’impeto istintivo dell’uomo, sostenuto ed incoraggiato da sensibilità e intuizione, che si apre al reale chiedendo, interrogando il suo mistero profondo. E questo attaccamento al significato, che è per Pacini il vero movente del suo poetare, è la prima importante eredità dei padri conterranei Luzi e Bigongiari.

Cos’è il rosso  non è certamente un libro da comodino, di quelli che ti accarezzano il sonno, il suo non è un lirismo da ninna nanna, stremato e tenero. È poesia dell’ordinario, delle cose animate. Più che poesia del quotidiano, è poesia dell’istante, di ciò che accade e che nel suo improvviso accadere pretende di essere riconosciuto e, quindi, nominato. Da qui inizia la sfida.

I versi di Pacini destabilizzano il lettore, impongono un trauma comandato dal capovolgimento degli stereotipi letterari e dei canoni arcaicamente definiti. Tutto è poesia, tutto ciò che appartiene al reale è oggetto d’interesse del nostro poeta. Non meno i luoghi, e qui ancora una chiara testimonianza di attaccamento, di appartenenza, e che svelano una personalità già matura nonostante l’anagrafe (…)

La fortezza è uno scatolone Chiquita

«Le città invisibili di Calvino?
Mai sentito, non è mai stato ristampato…»
– mi risponde, ma pensa a sua madre morta
l’anima lasciata ad asciugare sul filo
a Napoli –

(E intanto la Fortezza è uno scatolone chiquita:
un ossuto titillare di polpastrelli
su una balena di ceramica
o su una maschera Bwa
intarsiata da Olaitan o da suo nonno Sou
ma destinata all’avv. dott. Arena

I venditori di poche parole
attori bugiardi
riparati dietro paraventi rabberciati
commerciano pezzi minimi del loro corpo
tempestati di chiodi storti di armadi

foto di «donne-fidanzati-fiori-donne-donne-fidanzati»
una forchetta l’unica nella miriade di miriadi
con ancora una crosta di pomodoro
il dattiloscritto quello originale famoso
che recita All work and no play makes Jack a dull boy
una pipa che non fuma più
un Bodini spiegazzato
Plutotostapane
lo scialle della regina Elisabetta)

«… però ne ho molti altri di Calvino
tutti a prezzo economico, non andartene ti prego
non lasciarmi qua da solo…»

Questo testo è tra le recensioni pubblicate nel nuovo numero di Atelier (nr. 73, Marzo 2014)