Les Murray – tre poesie inedite (traduzione dall’inglese di Mariadonata Villa)

MURRAYLes Murray (Leslie Alan Murray) è uno dei maggiori poeti australiani e influente critico letterario. Nato in un villaggio del New South Wales, ha passato l’infanzia e l’adolescenza nella fattoria del padre e proprio la bellezza del paesaggio rurale sarà l’ambiente privilegiato di molte sue poesie. Di famiglia povera, Murray si identifica con i non privilegiati e forte è il legame con gli Aborigeni e con la cultura popolare. Studia Lingue Moderne all’Università di Sydney ma non consegue la laurea. Nel 1965 pubblica la sua prima raccolta, The Ilex Tree (che vince il Grace Leven Prize). Dopo un intenso viaggio all’estero, rientra in Australia dove si laurea nel 1969 iniziando l’attività di poeta a tempo pieno, collaborando con importanti riviste e pubblicando diversi saggi. Al primo volume di poesie seguiranno diverse raccolte, tradotte in dieci lingue, e svariati sono i premi conseguiti. Si segnalano il Petrarch Prize nel 1995, il prestigioso TS Eliot Award nel 1999 e nello stesso anno la Queens Gold Metal for Poetry su indicazione di Ted Hughes.  In Italia sono apparsi Freddy Nettuno (Milano, Giano, 2004), Un arcobaleno perfettamente normale (Milano, Adelphi, 2004) e Lettere dalla Beozia. Scritti sull’Australia e la poesia (Milano, Giano, 2005). Una selezione di poesie è stata inoltre pubblicata dalla rivista ClanDestino (n° 4, 2006) con traduzione a firma di Mariadonata Villa.

Les Murray
(inediti)
traduzione dall’inglese di Mariadonata Villa

 

le poesie qui pubblicate sono state donate da Les Murray alla rivista Atelier e sono degli inediti assoluti, mai pubblicati né in lingua originale né in traduzione.

  

 

murray jpg testo child logicChild logic

The smallest girl
in the wild kid’s gang
submitted her finger
to his tomahawk idea –

It hurt bad, dropping off.
He knew he’d gone too far
and ran, herding the others.
Later on, he’d maim her brother.

She stayed in the bush
till sundown, wrote
in blood on the logs, and
gripped her gapped hand, afraid

what her family would say
to waste of a finger.
Carelessness. Mad kids.
She had done wrong some way.

 

 

murray jpg testo powder of lightPowder of light

Hunched in the farm ute
tarpaulin against wind
the moon chasing treetops
as it yellows into night
us, going to the pictures
by the State forest way
my mate’s brother driving

we are at the age
that has since slipped
down toward toddlers
for whom adults and dreams
mostly have no names yet.
What wagged on screen then
made from powder of light

 

were people in music
who did and said dressy
stuff in English or American
kissed slow with faced crossed
flicked small-to-big
in an instant, then
were back in Australia

we believed it was Australia –
then our driver who never
attended films would surface
from courting and collect us
there way before TV.
And people, some holding
phones like face cards, still ask
“Good movie? Who was in it?”
I smile and say “Actors”
but rarely now add
hired out of the air.

 

 

murray jpg testo high speed trap spaceHigh speed trap space

Speeding home from town
in rainy dark. For the narrowness
of main roads then, we were hurtling.
A lorry on our tail, bouncing, lit our mirrors,
twinned strawberries kept our lights down

and our highway lane was walled
in froth-barked trees. Nowhere to swerve –
but out between trunks stepped an animal,
big neck, muzzle and horns, calmly gazing
at the play of speed on counter-speed.

 

Its front hooves up, planted on the asphalt
and our little room raced on to a beheading
or else to be swallowed by the truck’s high bow.
No dive down off my seat would get me low
enough to escape the crane-swing of that head

and its imminence of butchery and glass.
But it was gone.
The monster jaw must have recoiled
in one gulp to give me my survival.
My brain was still full of the blubber lip,

the dribbling cud. In all but reality
the bomb stroke had still happened.
Ghost glass and blurts of rain still showered
out of my face at the man
whose straining grip had had

to refuse all swerving.

traduzione dall’inglese di Mariadonata Villa

 

1.Logica infantile

La bambina più piccola
della banda di ragazzi selvatici
sottopose il proprio dito
alla sua idea di tomahawk –

Fece molto male, cadendo.
Lui sapeva di essersi spinto troppo in lá
e corse, radunandosi dietro il branco degli altri.
In seguito, avrebbe storpiato il fratello di lei.

 

Lei rimase nel bush
fino al tramonto, scrivendo
col sangue sui tronchi, e
si teneva la mano mancante, temendo

 

quel che avrebbe detto la famiglia
dello spreco di un dito.
Superficialitá. Ragazzini pazzi.
In qualche modo era lei che aveva sbagliato.

 

 

Polvere di luce

Rannicchiati nel telone
del pick-up di contro al vento
la luna a caccia di cime d’alberi
mentre si apre gialla nella notte
noi, che andiamo a vedere i film
per la strada della foresta statale
il fratello del mio amico alla guida

abbiamo l’etá
che da allora è retrocessa
verso quella dei bimbi piccoli
per cui adulti e sogni
non hanno ancora quasi mai nomi.
A dimenarsi sullo schermo a quel tempo
fatta di polvere di luce

 

era gente in musica
che faceva e diceva roba
raffinata in inglese britannico o americano
si dava baci lenti con le facce incrociate
scattava da piccola a grande
in un istante, e poi
ritornava in Australia

 

noi credevamo che fosse l’Australia –
poi il nostro autista che non
restava ai film riaffiorava
dal corteggiamento e ci tornava
a prendere, molto prima della tv.
E la gente, qualcuno con telefoni
in mano come carte da gioco, chiede ancora
“Bel film? Con chi era?”.
Io sorrido e dico: ” Attori”
ma oggi è raro che aggiunga
scritturati nell’aria.

 

3.Autovelox spaziale

Di fretta a casa dalla cittá
in un buio di pioggia. Considerata la poca larghezza,
allora, delle strade principali, sfrecciavamo veloci.
Un furgoncino in coda a noi, sobbalzando, ci illuminava gli specchietti
grovigli di corbezzoli ci tenevano le luci basse

e la nostra corsia di superstrada era murata
di tamarindi rosa. Niente spazio per sterzare –
ma dai tronchi sbuca fuori un animale
con un gran collo, museruola e corna, che osserva placido
il gioco di velocitá e velocitá contraria.

La fronte dà un colpo di zoccolo in avanti, piantata sull’asfalto
e il nostro piccolo spazio correva dritto a una decapitazione
o ad essere invece inghiottito dall’alta prua del camion.
Nessun tuffo dal sedile mi avrebbe abbassato
a sufficienza da scampare al dondolio di gru di quella testa

e alla sua imminenza di macelleria e vetro.
Ma era andato.
La mascella mostruosa doveva essersi ritratta
in un sol fiato per darmi la salvezza.
Avevo il cervello ancora pieno del suo labbro grasso,

del bolo gocciolante. Il colpo di bomba
era ancora davvero quasi accaduto.
Vetro fantasma e rovesci di pioggia scrosciavano ancora
dalla mia faccia diretti all’uomo
la cui presa d’acciaio aveva dovuto

rifiutare ogni sterzata.

 

* Nota alla traduzione: come sempre avviene per la lingua di Murray, tipicamente densa di doppi sensi, anche in quest’ultimo testo alcuni significati si perdono fatalmente nella traduzione. Qui nel titolo si perde, ad esempio, quel senso di spazio e di trappola ad alta
velocitá implicito nel termine inglese per “autovelox”, “speed trap”, così come al verso 10 si perde, in trasparenza, il termine “speed counter”, che si riferisce al tachimetro della macchina lanciata a grande velocitá.


 

Les Murray (Leslie Alan Murray) è uno dei maggiori poeti australiani e influente critico letterario. Nato in un villaggio del New South Wales, ha passato l’infanzia e l’adolescenza nella fattoria del padre e proprio la bellezza del paesaggio rurale sarà l’ambiente privilegiato di molte sue poesie. Di famiglia povera, Murray si identifica con i non privilegiati e forte è il legame con gli Aborigeni e con la cultura popolare. Studia Lingue Moderne all’Università di Sydney ma non consegue la laurea. Nel 1965 pubblica la sua prima raccolta, The Ilex Tree (che vince il Grace Leven Prize). Dopo un intenso viaggio all’estero, rientra in Australia dove si laurea nel 1969 iniziando l’attività di poeta a tempo pieno, collaborando con importanti riviste e pubblicando diversi saggi. Al primo volume di poesie seguiranno diverse raccolte, tradotte in dieci lingue, e svariati sono i premi conseguiti. Si segnalano il Petrarch Prize nel 1995, il prestigioso TS Eliot Award nel 1999 e nello stesso anno la Queens Gold Metal for Poetry su indicazione di Ted Hughes.  In Italia sono apparsi Freddy Nettuno (Milano, Giano, 2004), Un arcobaleno perfettamente normale (Milano, Adelphi, 2004) e Lettere dalla Beozia. Scritti sull’Australia e la poesia (Milano, Giano, 2005). Una selezione di poesie è stata inoltre pubblicata dalla rivista ClanDestino (n° 4, 2006) con traduzione a firma di Mariadonata Villa.
 
Fotografia tratta dal sito di Jason Goroncy

 

Mariadonata Villa (Modena, 1977) si è occupata di vari poeti contemporanei di lingua inglese in traduzione sulla rivista clanDestino. Ha tradotto per la prima volta in Italia il narratore americano James Kilgo (Dai luoghi profondi, Genova 2012). Ha recentemente curato varie incursioni poetiche nel mondo dell’arte e della fotografia. La sua prima raccolta, L’assedio (finalista al premio Carducci 2013), è uscita nel maggio 2012 per l’editore Raffaelli.