Fabrizio Bregoli – Due inediti

bregoliFabrizio Bregoli, nato nella bassa bresciana lavora a Milano nel settore delle telecomunicazioni. Ha pubblicato alcuni percorsi poetici fra cui Cronache Provvisorie (VJ Edizioni, 2015 – Finalista al Premio Caproni) e Il senso della neve (Puntoacapo, 2016 – Premio Rodolfo Valentino e Finalista ai Premi Gozzano, Merini, Saturnio). Ha inoltre realizzato per i tipi di Pulcinoelefante la plaquette Grandi poeti (2012). Suoi lavori sono stati pubblicati in svariate antologie. 

Fabrizio Bregoli
(inediti)

BREGOLI COP fronteFUORI CAMPO

Occorre sai conoscere il perimetro
i punti d’interesse e di sospetto.
Disporre col riguardo ch’è prescritto
l’obiettivo alla corretta distanza,
regolare messa a fuoco e diaframma
secondo l’angolo e l’intensità
di luce, dosare attimo e contrasto,
salvaguardare il fulcro dell’azione
perché non si confini a lato o in ombra.
Incidere con perizia chirurgica
la regione esatta, fotosensibile,
ricostruire il verso dell’immagine.

Eppure ha un senso sai il fuori campo
quel pulviscolo che sguscia, quel raggio
che si rifrange sghembo, fende il prisma
scompone netto il ganglio delle cose.
Recrimina il suo spazio l’insondato:
succede in quei frangenti di silenzio
che rompe impercettibile una voce
o un labbro si schiude da un volto caro
inabissato al limite del tempo,
con gratuità di mani che confortano
si riconcilia al torto, lo sutura.
Scopri che quanto appare inconfutabile
forma è rastremarne l’ombra, misura
d’assenza, vizio di luce che cura
la capillarità dell’invisibile.


bregoli 02ZERO AL QUOTO

Chi sa come t’immagini, se appanna
la tua linea esatta quel po’ di specchio
dove il vapore reinventa il mondo
mentre t’asciughi uscendo dalla doccia,
chi sa cosa resta di quel te impavido
che si scaglia come una profezia
sulle formule delle celle excel
e tutto inesorabilmente quadra.
Dicevi vizio, estro di simmetria
quello sdoppiare, sfaccettare il senso
quando unica è l’aria che si respira
per gradazioni appena più sbiadite
monocromie di soffocamento.
Così pensavi di quell’infittirsi
dei numeri da interi a relativi
quel loro suddividersi in frazioni
radicali e mantisse logaritmiche,
perché si progredisce tutti ad una
diversa densità degli infiniti.
Nelle fessure della pece algebrica
che appiccica i numeri mosca a mosca
credevi vi fosse un tarlo di spazio
che tira le somme, o almeno conguaglia.
Dicevi, poi si fa piano la conta
ci si rassetta il riccio fuori posto
si bagna il labbro, quieti si ragguaglia
si schiarisce la voce e con la mano si
fa buonasera, e più non ci si sveglia.
Si mette zero al quoto, tutto intero.
Si dice vedo: più non ci s’imbroglia.

 

Fotografia di proprietà dell’autore.