De Rienzo, Grutt, Sant’Elia, Tempesta. Fuoco. Terra. Aria. Acqua. (Terra d’ulivi edizioni, 2017). Lettura di Vanina Zaccaria

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Itinerario poetico negli elementi primigeni

Poesia Portale Sud, un progetto in divenire
(Lettura di Vanina Zaccaria)

Fuoco. Terra. Aria. Acqua. (Terra d’ulivi edizioni, 2017), a cura di Edoardo Sant’Elia, si presenta come proposta a più voci inserita nella specifica cornice progettuale di Poesia Portale Sud, spazio e manifesto di una poetica che origina nel Meridione. É indispensabile indicare immediatamente quanto il Meridione, in questa cornice, non voglia rappresentare una categoria concettuale pregna delle nostre polemiche storico-culturali oppure una forma di appartenenza che necessariamente genera un dettato univoco, ma si assume come geografia spirituale e fisica dove emergono voci diversissime che vanno rintracciate e chiamate alla storia. Un tracciato della poesia contemporanea nell’Italia meridionale, dunque, che non rinuncia a riferirsi esplicitamente al luogo dove essa emerge, nella sua valenza di codice antropologico e punto cardinale, ma senza inutili trionfalismi né patetici vittimismi, come chiarisce lo stesso Sant’Elia. Fuoco. Terra. Aria. Acqua. – come prima esperienza di questo progetto – ci introduce ai temi e ai talenti poetici di Giuseppina De Rienzo, Valerio Grutt, Rossella Tempesta e dello stesso Sant’Elia, impegnati in un canto corale che non smarrisce mai l’irriducibile visione personale, il dettaglio, l’esperienza singolare; perché, con riferimento al Meridione, se ogni uomo appartiene alla storia della terra che lo contiene, anche quando non narra apertamente di quella storia, la lingua che usa ne partecipa delle forme e delle sostanze essenziali. Fuoco. Terra. Aria. Acqua. è però opera complessa, anche a fronte di un dettato poetico decifrabile e godibile. Occorre, dunque, prima di concedersi ai versi, analizzare il portato generale della proposta poetica.
Poesia e filosofia, l’esito del linguaggio nella postmodernità
Edoardo Sant’Elia, se nella postfazione “Poesia Portale Sud”, ci offre un rassicurante approdo chiarendo gli intenti dell’iniziativa – progetto ben definito anche se per sua natura aperto e trasformabile – nella prefazione, invece, ci annuncia un’intenzione che diviene immediatamente problema e la cui trattazione apre a un dibattito enormemente espandibile e che qui si proverà a sintetizzare. L’intenzione, dunque, è quella di ricondurre poesia e filosofia al loro dialogo originario e la domanda che apre e chiude la prefazione – Chi l’ha detto che dalla filosofia non può germogliare la poesia? – ci avvia direttamente al cuore di entrambi i canoni delle due roccaforti della produzione occidentale. É questione di canoni – ovvero di supposti moduli interni a cui attenersi – perché ciò che Platone ha pensato di separare inaugurando la tradizione filosofica occidentale, si vuole invece qui ripensare come unità, dove il qui ha un valore storico e contingente assoluto. Fuoco, terra, aria e acqua sono difatti gli elementi empedoclei generatori del mondo e delle sue cose e in Empledocle si ricerca quella unità di poesia e filosofia che diviene parte fondante del manifesto e delle intenzioni di Poesia Portale Sud. La possibile unità di poesia e filosofia solleva discussioni tutt’altro che pacifiche e non è l’aspetto formale a essere il centro della trattazione, quanto, piuttosto, la validità e la significazione dei prodotti che tale unità genera e potrà generare. Poesia filosofica o filosofia poetica sono traguardi abbastanza raggiungibili se non già raggiunti, ma se approfondiamo la materia, sorge un problema di sostanza che va costantemente osservato: come sposare le due visioni-linguaggio senza essere riduzionisti? Ovvero senza compiere un’operazione che sottrae alla poesia l’azione sentimentale e alla filosofia l’azione speculativa? Sant’Elia sembra evitare il pericolo in maniera estremamente brillante nel momento in cui accenna a un postmodenismo capace di generare un sano cannibalismo del linguaggio che metta in comunicazione opposti universi, umanistico e scientifico, saggistico e creativo, di parole e immagini (…). Sant’Elia guarda dunque al postmoderno come possibilità storica di apertura e comunicazione multidisciplinare e dialettica. La proposta è affascinante e sembra gestire con arguzia l’abbondanza di codici e segni propria della nostra epoca: fluidità e porosità garantiscono alla pluralità dei discorsi di emergere e Sant’Elia invita a servirsi di ogni spunto in grado di rappresentare e rilanciare con i mezzi dello strumento poetico la complessità inesausta del reale. Ed è proprio tale complessità che si presta ad essere oggetto finale del dialogo – adesso fondamentale – tra poeta e pensatore. Sant’Elia coglie l’apertura di un’epoca in cui tutto è recuperabile e tutto è esposto, contemporaneamente, a processi velocissimi di secolarizzazione; ogni canone dunque può rifondare se stesso, il linguaggio, ci dice ancora Sant’Elia, non va considerato come un feticcio da idolatrare ma piuttosto come veicolo espressivo plasmato secondo necessità, restituendogli, in tal modo, la sua qualità fondamentale di strumento primario dell’esserci storico.
De Rienzo, Grutt, Sant’Elia e Tempesta, le voci che non si spengono
Indagata la complessa, vasta e ricca cornice che perimetra con intelligenza quest’ opera corale, emergono con ancor maggiore forza i testi offerti ed è interessante osservare come svelino da subito una matrice comune di Magna Grecia – pur nella evidente diversità dei registri stilistici -, che sembra portare l’intera vicenda narrativa alla radice delle nostre origini, anche quando il segno linguistico è modernissimo e spiazzante.
Esordisce, difatti, la De Rienzo con l’elemento del Fuoco e il suo verso già s’annuncia prometeico, contenendo quella potenza delle forze originarie, il mondo oscuro e aurorale dei titani, che precedono le più rassicuranti divinità olimpiche. La lingua bruciante della De Rienzo è portatrice di fuco e di tempeste, come quell’ultimo figlio di Gaia prodigiosa, il mostro Tifeo, prima personificazione delle forze vulcaniche e dei venti infuocati, che Zeus infine scaglia nel Tartaro tremendo. La De Rienzo cede ai ruggiti inquieti del dio vulcanico e tutto scoperchia con la sua parola ardente, nella quale materia, uomo, natura e storia sembrano trovare le loro remote scaturigini.
Magma \ i visceri \ lapilli \ i pensieri \ cenere \ il cuore
Con uguale temperamento – seppur in una luce calma e distesa da creazione – si dedica Rossella Tempesta all’elemento Terra. Non stupisce affatto la scelta della Tempesta di usufruire della forma degli haiku per narrare un elemento così essenziale, se in questa scelta cogliamo il bisogno di raccogliere e aderire alle forme elementari dell’esserci e del creato, attraverso una parola breve e circoscritta, sebbene sentimentalmente ricchissima e carica di una dolcezza oracolare. La parola Terra misura in ciascuno dei 21 haiku la sua potenza originaria e torna ad essere, con riferimento esiodeo, quella Gaia dall’ampio petto, primo fiato divino che mette capo al mondo. Le parole della Tempesta assomigliano, difatti, a una magnifica e leggera preghiera che con pudore annuncia e pronuncia la possente casa dell’uomo.
Sei la mia terra. \ Nel tuo puro ascendente \ sono allunata.
L’elemento dell’Aria è narrato da Edoardo Sant’Elia con un’architettura poematica che sembra contenere e trasmettere la forza evocativa delle narrazioni mitiche cantate dagli aedi. L’oralità è stato tratto fondamentale della produzione greca e assolveva la funzione straordinaria di collante della identità collettiva; come ci ricorda Umberto Eco, l’Iliade e l’Odissea erano “libri sacri dei Greci, la loro enciclopedia tribale”. Del resto cos’è un cantore se non colui che raccoglie le tradizioni di un popolo e gliele restituisce in versi? Sant’Elia moderno cantore mette in scena la sua mitografia e non sono più eroi e dei a muoversi tra gli uomini ma tre spiriti dell’aria che portano nel nome le suggestioni di Partenope: Lello, Aniello e Farfariello, spiriti irrequieti e attenti che seguono, in uno stabilimento balneare, le vicende quasi amorose di due giovani, intervenendo segretamente nelle loro piccole sorti. Del resto Sant’Elia è fine conoscitore delle tradizioni popolari e ha dedicato studio e ricerca alle figure di Basile, confermandosi erede ed artefice delle rincorse del mito e della storia.
Siamo gli spiriti del Mezzogiorno, \ soffia nel cavo delle mani \ se credi nel nostro ritorno. \ Se hai seguito la storia per intero, \ se non hai separato il falso e il vero, \ se tutto hai rivissuto sul più bello, \ ricorda con favore i nostri nomi: \ Lello, Aniello e Farfariello!
Chiude l’opera Valerio Grutt con l’elemento dell’Acqua. Più che di una chiusura, si tratta di un’irruzione; la parola di Grutt arriva modernissima e struggente, richiede con fermezza al mondo una quota d’amore e di bellezza e non c’è reticenza in questa richiesta ma audacia e sfacciato riposizionamento delle cose felici al primo posto. In 17 liriche mai viziate da retorica, l’acqua sembra pulire e rimediare al malanno umano e a fronte di un mesto vivere si impone la visione, o meglio le visioni personalissime dell’autore, dove la bellezza si sublima nella malinconia senza mai perdere l’originaria passione. Grutt si fa corpo liquido e scorre tra le cose della sua terra e della sua memoria; e le cose, convertite in segni, riconoscenti prendono a scorrere in lui.
Il mare mi scorre nelle vene \ e tutte le persone, gli uccelli, \ persino i motorini, l’asfalto, \ gli alberi \ gli interruttori, \ sono dentro di me.