Giada Giordano nasce a Roma nel 1989. A tredici anni vince la Menzione d’Onore al Concorso Nazionale di Poesia “Un fiore per voi”, indetto dal Comune di Cervia. A diciotto anni scrive Sintomatologia e Simbolismo nella Visione Estetico-Decadente del XXI Secolo, che rappresenta, per lei, l’interfacciarsi con il mondo della saggistica. Nel 2014 viene selezionata per il corso di scrittura creativa indetto da Rai-Eri. Nel 2015 vince il Poetry Slam al Roma Fringe Festival. Suoi testi sono apparsi sulle riviste on line e cartacee «Voce Romana», «Euterpe», «Patria e Letteratura», «Our Poetry Archive», «Galaktica Poetike Atunis» , su «Arcipelago Itaca blo-mag» e sul «Journal of Italian Translation». Alcuni suoi testi sono in attesa di pubblicazione sul prossimo numero del “Periódico de Poesía” dell’Università del Messico. Un ulteriore suo componimento poetico figura negli «Archivi del Centro Nazionale Studi Leopardiani». È risultata finalista in vari premi di poesia.

da Atelier 89 – Patrick Dubost, Visioni introspettive

ATELIER89 da Atelier 89
L’esilio del poeta

Patrick Dubost, Visioni introspettive

Può sembrare strano intitolare Visioni introspettive la silloge di un autore che pratica la “lettura-performance”, in cui gestualità, recitazione e musica costituiscono l’elemento di colore della poesia stessa. In realtà, si tratta di un invito al lettore a ricreare dentro di sé quell’atmosfera che lo scrittore sa costruire nel momento in cui vivifica i propri versi. Ed ecco che scorgersi su un treno sotto il mare diretto a Buenos Aires in attesa di echi musicali, di danze, non si configura assolutamente come un ritrovato intellettuale, ma come una vera e propria “visione introspettiva”, mediante la quale scoprire meandri del proprio mondo interiore, anche perché il ballo, la gioia di vivere e l’allegria si estendono al ricordo di migliaia di altre esperienze vissute in moltissime città. Lo strumento per tale “discesa agli inferi” viene individuato nella voce, capace di gestire «i blocchi di silenzio» e di raccontare «che il corpo / suggeri[sce] a lei di raccontare». Ma «che dice, la voce, quando esce? / Dice: non ci sono». La voce, quindi, e come lei la poesia, si presenta come emblema dell’intera realtà sospesa al limite tra essere e non-essere, tra esistenza ed evanescenza […] In questa breve raccolta possiamo scorgere un tratto della cultura postmoderna: l’inconciliabilità della sfera dell’essere con il pensiero, segnato in profondità dal principio di contraddizione, fonte di una crisi gnoseologica che non genera in questo caso scetticismo o nichilismo come nei filosofi, ma la profonda angoscia, propria dei poeti, che in sé vivono la tragedia di un’umanità spaesata, esiliata e incapace di prospettare orizzonti di senso e, conseguentemente, di gratificanti relazioni umane.

Dall’introduzione di Giuliano Ladolfi

Les oiseaux dans un platane

J’ai dansé à
Buenos Aires j’ai dansé
avec toi à Budapest je dansais
avec toi à Bruxelles toute une nuit je
dansais de nouveau avec toi à Hong Kong
à Londres aussi & le lendemain à New york
je dansais avec toi à Paris bien sûr, une fois,
avant de danser à Rome, à Tokyo, Anvers,
Barcelone, Bristol, avec toi toujours
& même à Florence & Gand &
Gainesville, Glasgow,
Hälsingborg,
Utrecht,
j’ai
dansé avec toi
dans une chambre à la campagne
isolée, sans musique, avec juste les bruits d’une
ferme & les mille petits bruits d’une
cour de ferme & plusieurs
dizaines de moineaux
emprisonnés dans
un platane.

Uccelli in un platano

Ho ballato a
Buenos Aires ho ballato
con te a Budapest ballavo
con te a Bruxelles una notte intera
ballavo di nuovo con te a Hong Kong
anche a Londra & il giorno dopo a New york
Ballavo con te a Parigi, ovviamente, una volta,
prima di ballare Roma, a Tokyo, ad Anversa,
a Barcellona, a Bristol, sempre con te
& anche a Firenze & a Gand &
a Gainesville, a Glasgow,
a Hälsingborg,
a Utrecht,
ho
ballato con te
in una stanza di campagna
isolata, senza musica, solo coi rumori di una
fattoria & i mille esili rumori del
cortile di una fattoria & diverse
decine di passeri
imprigionati in
un platano.


Patrick Dubost, dopo studi di matematica e musicologia, si appassiona rapidamente alla scrittura poetica e alle possibilità di sperimentarne oralmente. È autore di una trentina di raccolte, pratica la “lettura-performance” esponendo i propri testi sia attraverso la gestualità sia con la voce, spesso moltiplicata e lavorata in studio con composizioni elletroacustiche. Ogni poesia, di lunghezza variabile tra i 2 e i 12 minuti è appoggiata a un dispositivo sonoro, visuale e poetico autonomo. Performance di Dubost, oltre che in Francia, avvengono in festival e manifestazioni in Tunisia, Argentina, Italia, Albania, Canada, Libano, Gran Bretagna, Grecia e Croazia. Diverse le traduzioni delle sue opere e dei libri tradotti, la perfomance integra la seconda lingua come una voce supplementare della polifonia. Tra le raccolte si segnalano 13 poèmes taillés dans la pierre (Edition La Boucherie Littéraire, 2016), Œuvres poétiques (tome 2), (Editions La Rumeur Libre, 2013), Mélancolie douce (Editions La Rumeur Libre, 2013; Prix J. J. Lerrant des Journées d’auteurs de théâtre) e i CD La parole immobile (con Bernard Fort, GMVL, mini-CD, 2007) e L’archéologue du futur (Editions GMVL, 2004).

Giuliano Ladolfi (1949) ha fondato e dirige l’omonima casa editrice e la rivista di poesia, critica e letteratura «Atelier». Tra le pubblicazioni poetiche ricordiamo Attestato (2005) e tra i saggi Per un’interpretazione del Decadentismo (2000), Per un nuovo Umanesimo letterario (2009) e La poesia del Novecento: dalla fuga alla ricerca della realtà in 5 volumi (2015).


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