da Atelier 86: Guido Mattia Gallerani – “I berberi e altri popoli scomparsi” (introduzione di Mimmo Cangiano)

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 da Atelier 86
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Guido Mattia Gallerani – I berberi e altri popoli scomparsi
(introduzione di Mimmo Cangiano)

La nuova silloge di Guido Mattia Gallerani si articola come un poemetto in stazioni. Tali stazioni sono rappresentate da una serie di popoli scomparsi, sul punto di svanire, o duramente provati dal contatto con una modernita? […]. Fermo il punto che ogni atto di progresso e? sempre anche un atto di barbarie, la dialettica fra i popoli in questione e i nuovi resta estranea a qualsiasi elemento estetizzante o orientalistico, perche? Gallerani non nega il progresso storico per sostituire ad esso un mito intatto di purezza pauperistica, morale o, semplicemente, una “barbara” ferocia che ne sarebbe solo il contraltare, ma insiste invece su quella che e? la cancellazione progressiva delle tracce della loro esistenza (la «scarsa memoria dei romani»), e dunque inserisce tali popoli in una reale continuita? storica, e solo all’interno di questa la loro esistenza viene ad assumere valore. Il loro valore, voglio dire, non vive nella separazione di questi dal continuum storico, ma sorge proprio dal loro ruolo di sconfitti in esso. E? la loro stessa sconfitta a permettere di coordinare le forme dell’utopia, cioe? della resistenza possibile, ma senza che questa utopia sia dimentica di cio? che quei popoli hanno davvero storicamente rappresentato.
[…]

I CORSARI

Contrastavano i domini dei re
sulla terra ferma, solcando
mari in tempesta tra risse di cannoni
e cacce al tesoro dei templari.
Nascondevano, banditi da ogni porto
mappe con forzieri d’oro.
Senza la grazia dei filibustieri
francesi, senza l’onore dei britannici
bucanieri i corsari barbareschi
issavano sulle cime i loro teschi.
Colavano a picco le navi di commercio.

Non paghi delle acque perigliose
digrignando di territori sconosciuti
sfidavano gli oroscopi e i gendarmi
maledicendo la solita sfortuna
quando, mano alla cintura,
restavano senza colpi,
fuorilegge costretti a malincuore
a graziare i prigionieri.

In faccia alla morte
si mutavano quei grati sopravvissuti
in infedeli testimoni.
I ritratti di terrore ingigantivano
le barbe folte, l’abisso feroce
del ghigno, l’occhio vermiglio
del ladro e dell’assassino.
Le future vittime s’impaurivano,
tremavano sulle roccaforti in cima al mare
ascoltando la propaganda di atroci gesta
penetrate gia? all’interno, come dalla baia
un fuoco incessante di pistole.

(l’intervento integrale e le poesie inedite sono leggibili nel nr. 86 della rivista Atelier )

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