Bruno Bartoletti – inediti

bartoletti

Bruno Bartoletti nasce a Montetiffi, una piccola frazione del comune di Sogliano al Rubicone (FC), dove tuttora risiede. Laureatosi nel 1967 in Materie Letterarie presso l’Università degli Studi di Genova con una tesi su Giovanni Pascoli, nel 1974 è nominato assistente ordinario alla cattedra di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino, nomina a cui rinuncia per dedicarsi all’insegnamento negli istituti tecnici dove svolgerà dal 1981 la funzione di preside. Uomo di scuola e promotore culturale, presso l’Università di Aix en Provence ha svolto un dottorato di ricerca d’Etudes Romanes con un lavoro su Dino Campana. Si è sempre dedicato alla poesia fin da ragazzo, ma solo in età matura ha cercato di dare ordine e sistemazione al suo lavoro. Nel 1997 pubblica il suo primo volume di liriche, Trasparenze– Frammenti di memorie cui seguono Le radici (2000) Parole di Ombre (2001), Il tempo dell’attesa (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2005)  e Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade (2012). Presiede l’Associazione culturale “Agostino Venanzio Reali” e l’omonimo premio nazionale di poesia. 
Bruno Bartoletti

(inediti)

*

Amavo l’ombra, lo spigolo dei muri
e il senso di giocare a nascondino, per paura.
Sapevo che nell’angolo, il più grande, ci si poteva
anche nascondere e nessuno
sarebbe poi venuto a rimpiazzarmi, sapevo
che quello era il posto più sicuro,
per questo la sera me ne andavo
per cercarlo, mi mettevo sul muro
di traverso, con le gambe incrociate
e nell’attesa contavo fino a dieci
come un tempo.

Ma ora non ho più gli anni del gioco,
guardo ancora lontano, sono cresciuto
e con gli anni ho smesso di giocare,
ma non so farmene una ragione,
così aspetto

aspetto che qualcuno ritorni per cercarmi.

*

bartoletti 01

Anche i padri non dovrebbero morire,
lo pensavo da bambino, e invece crebbi
aspettandoti sempre alla fermata
con la tua Guzzi,
poi ogni volto scompare e la voce
non la ricordo, non ho nulla in mano,
nulla e radici, anche quelle, arse.

Sono laggiù nel fondo le voci,
non le udite anche voi le stesse voci?
La casa si perde dietro il diluvio, la strada
e il fiume, un rigagnolo appena sotto il ponte.
Un buco nero e il piccone che picchia,
una lampada oscilla, non fa luce.
La giacca strappata, il volto sporco,
questo è lo strappo, la ferita buia,
il sole che non parla.

E la casa guarda laggiù la strada,
la polvere che lascia il sapore dell’andare,
il non ritorno si tinge di dolore.
Troppo presto, troppo presto per capire,
ma si fa in fretta, si cresce a poco a poco,
si metton su radici, ci si sforza di trovare ragioni,
si ode solo il grido, la rottura,
lo strappo dietro l’uscio.

E mia madre ancora di profilo, che stampa alla finestra
il suo sguardo, in lontananze perdute
disattese.

*

E’ difficile ma succede
che quel giorno sbagliando strada io ti incontrassi,
è dipeso solo da un errore il nostro incontro,
se solo avessi preso un’altra strada…
Ti feci leggere La strada non presa
di Robert Lee Frost
per capire la differenza. Lasciamo stare
la giovane Helen (in fondo la colpa era sua)
che non era arrivata puntuale in ufficio
e venne licenziata, ma nei film le storie si inventano
mi hai detto e poi hai lasciato cadere il discorso.
Non c’era proprio nulla da capire.

Così me ne sono andato per ore camminando,
per ore, senza pensieri, il paese non è cambiato,
ho assaporato il silenzio, il suo strano profumo,
perché il silenzio di notte ha un profumo di cose antiche.
E qualche volta di pane.
Nel campo c’erano i girasoli, il capo chinato
a terra, in cerca del sole sapendo che domani
il sole sarebbe tornato

E le cicogne volavano più in alto, le cicogne
che vidi solo nei film,
come il mio amico, anche lui caduto per caso
accanto alla strada, ai limiti della scarpata,
senza nemmeno un lamento, come dormendo.
Non c’era proprio nulla da capire.

Ho camminato così, senza pensieri,
ascoltando il rumore dei miei passi.
Anche questi hanno un particolare rumore,
una cadenza che si ripete quando si è stanchi
e non si sa che cosa pensare.
Questo è uno strano paese, ci si addormenta
e ci si lascia andare.

Oggi hanno sepolto una donna, o quello che ne era
rimasto. È strano come il dolore prosciughi.
E come è difficile a volte morire.
Non lo è stato per mio padre.
Mia madre ha sopportato anche questo, per lunghi anni.
Non c’era proprio nulla da capire,
proprio nulla.

E sono rimasto così, con questo peso addosso,
me lo sono chiesto tante volte,
è così difficile morire?

Che qualcosa stesse cambiando
lo capii dalle ore di insonnia
e dalle volte in cui la notte vado al bagno.
A stento fatico a trovare l’uscita,
m’addentro nel buio
barcollo tentando altre porte
a stento ritrovo l’entrata.
Un tempo potevo indicarla bendato
la porta a memoria, senz’ombra,
un tempo nemmeno distante.

E li vedo – le ombre sui muri –
quei volti che tornano.
I volti non hanno più nome.


Bruno Bartoletti nasce a Montetiffi, una piccola frazione del comune di Sogliano al Rubicone (FC), dove tuttora risiede. Laureatosi nel 1967 in Materie Letterarie presso l’Università degli Studi di Genova con una tesi su Giovanni Pascoli, nel 1974 è nominato assistente ordinario alla cattedra di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino, nomina a cui rinuncia per dedicarsi all’insegnamento negli istituti tecnici dove svolgerà dal 1981 la funzione di preside. Uomo di scuola e promotore culturale, presso l’Università di Aix en Provence ha svolto un dottorato di ricerca d’Etudes Romanes con un lavoro su Dino Campana. Si è sempre dedicato alla poesia fin da ragazzo, ma solo in età matura ha cercato di dare ordine e sistemazione al suo lavoro. Nel 1997 pubblica il suo primo volume di liriche, Trasparenze – Frammenti di memorie cui seguono Le radici (2000) Parole di Ombre (2001), Il tempo dell’attesa (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2005)  e Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade (2012). Presiede l’Associazione culturale “Agostino Venanzio Reali” e l’omonimo premio nazionale di poesia.

Fotografia di proprietà dell’autore