HOCEVAR

Andrej Ho?evar – inediti (traduzione di Michele Obit)

HOCEVARAndrej Ho?evar (Maribor, Slovenia, 1980). Ha pubblicato cinque raccolte di poesia, l’ultima delle quali nel 2011 (Leto brez idej, Un anno senza idee). È membro del comitato editoriale della rivista Literatura, caporedattore dell’edizione online e direttore di collana. Oltre alla poesia, scrive anche saggi e recensioni sia di libri che di musica.

Andrej Ho?evar
(inediti)
Traduzione dallo sloveno di Michele Obit
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Imaš dvajsetaka?

Zagrabi me še kar huda lakota in nekaj
idejam podobnega. Odprto okno in nobenih
glasov. Pospravljeni premiki, potrpežljivi
sosedje. In tvoja stopala. Tvoja lepa stopala.
Leva in desna družina, deset prstov
z rdec?imi nohti. Zdaj pa vsi skupaj pojdite lepo
na tržnico! Ali pa kam drugam, kjer sta telo in volja
zadovoljno razdružena. Zakaj tako skrivaš žlebove,
po katerih bi se lahko mirno razlil kot spanec
brez sanj po kosilu? Nebo zrcali travnik,
popackan z ovcami. Ne potrebuje pravih
rešitev. Korak, ki ni zadnji, ne potrebuje
pravih rešitev. In prave rešitve prav gotovo
ne potrebujejo mene. Dotakniti se me hoc?ejo
nabrekle prsi. Dišijo in se stegujejo. Ne vem vec?,
kaj so razlike. Grizem. Hodim. Sonce
s svojo leseno žlico z mene pobira smetano.
Slac?im si hribe, slac?im si doline. Slac?im
tvoje zobe. Ves pasji sem. Smejim se z rokami
in pišem z repom. Maham. Spet sem nasedel
zgodbi oc?aranega pesnika, kako se srec?ata
ljubezen in zanimanje za stvari, ki se te ne tic?ejo:
pesniki strmijo v daljavo in vidijo,
kako se po cesti vozijo borovnice.
Ko me bo pot prekucnila, bom hodil
še po drugi strani. V travo plane
c?udovita podoba – to ni osamljenost,
a jo trgam kot zrele, soc?ne sadeže.

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Na pol poti

Hiše, v katerih ne živim vec?,
so slec?ene do spodnjega perila.
Drevesa zardevajo, ker nimajo ust,
iz katerih bi se lahko razlila preteklost.
Mesto se je že zvec?er spustilo
nekaj nadstropij niže. Sedim,
obdan s prostorom,
ki me zmanjšuje, kolikor lahko
v njem prepoznam svojih idej.
Srajca se me oprijema otroc?je in mehko.
Ravno prava mera dobrega
te zaduši, skozi tvoja ušesa
od znotraj porine svoje kremplje,
nevajene svetlobe. Nobenih
napovedi ni bilo, in v tem so
se uresnic?ile. Veliko vidnega ostane
videnega. Ne potrebujem vec?
c?asa, ampak nekaj vseeno hoc?em
narediti. Nekaj povedati
in v izrec?enem dobiti zaveznika.
Dokler bom zapušc?al, bom živ.
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Odsotnost kosov

Vznemirjeno razglašena zmešnjava
ptic?jega zbora je nabrušena z jutranjim žledom.
Ljudje na ulicah goltajo zmrznjen zrak, v svojih
podvigih drug drugega domišljavo preganjajo
vrabci. Plosko, nepopisano nebo. Nikjer
nobene sence. Vrane se tiho držijo zase.
Minevajo. Njihovo perje je obrnjeno v smeri
nekega tujega, odljudnega severa. Moji gibi
bodo še tri tedne neizlušc?eni. Prebava bridkosti
se je ustavila z odloc?nostjo vode, da vsakic?
zamrzne: prostor je nagac?en s sprijeto mrzlo kepo
in ure spet zvesto sledijo svoji krožnici.
Sredi nepopustljivega mirovanja hiš stoji
pogorelc?ek in zmedeno pogleduje sem ter tja.
Nemiren trepet njegovih kril brez razloga odpira
in zapira zavetje za sprotna izginjanja, od katerih
smo tako odvisni: osamljenost, hrepenenje,
nepremic?nost. V pravilnosti krivulje,
v kateri nahranjena sinica preleti razdaljo
med ograjo in grmom, vidim lahkotno
elegantnost spretno zloženih stavkov –
kratka razdalja, vmes pa v zrac?nem zavihu
vboc?eni trenutki erotic?ne izpolnitve.
Ti begotni oblac?ki pogrešanja so samo zame.

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(traduzione dallo sloveno di Michele Obit)
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Hai una banconota da venti?

Mi coglie una gran fame e delle
idee simili. La finestra aperta e nessuna
voce. Movimenti rassettati, i vicini
indulgenti. Ed i tuoi passi. I tuoi bei passi.
La famiglia di destra e di sinistra, dieci dita
con le unghie rosse. Adesso andatevene tutti tranquilli
al mercato! O da qualche parte altrove, dove il corpo e la voglia
siano con soddisfazione separati. Perché nascondi così le scanalature
per le quali potrei senz’altro riversarmi come un sonno
senza sogni dopo il pranzo? Il cielo rispecchia il prato
macchiato di pecore. Non ha necessità di vere
soluzioni. Il passo, non l’ultimo, non ha bisogno
di vere soluzioni. E le vere soluzioni di certo non hanno
bisogno di me. Cercano di attaccarsi alle mie
gonfie dita. Odorano e si distendono. Non so più
cosa sono le differenze. Mordo. Cammino. Il sole
con il suo cucchiaio di legno raccoglie da me la panna.
Mi spoglio dei monti, mi spoglio delle colline. Mi spoglio
dei tuoi denti. Sono tutto canino. Rido con le zampe
e scrivo con la coda. Scodinzolo. Di nuovi faccio ingannare
con la storia del poeta affascinante, di come si incontrano
l’amore e l’interesse per le cose che non ti riguardano:
i poeti fissano in lontananza e vedono
come per la strada passano i mirtilli.
Quando il cammino mi cambierà, andrò
anche da un’altra parte. Nell’erba s’abbatte
una bellissima immagine – non è la solitudine,
ma la colgo come un frutto maturo, succoso.
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A metà strada

Le case nelle quali non vivo più
sono spoglie sino alla biancheria intima.
Gli alberi arrossiscono perché non hanno la bocca
da cui si potrebbe riversare il passato.
La città la sera è scesa qualche
piano più in giù. Sto seduto,
circondato dallo spazio
che mi rimpicciolisce, per quanto in esso
riconosco le mie idee.
La camicia mi si afferra in modo infantile e leggero.
Proprio la giusta misura del bene
ti frena, attraverso le tue orecchie
da dentro spinge i suoi artigli,
le luci poco avvezze. Non c’era
alcun preannuncio, ed in questo si è
realizzato. Gran parte di quanto visibile rimane
visto. Non ho più bisogno
di tempo, ma qualcosa comunque voglio
fare. Raccontare qualcosa
e in ciò che esprimo ottenere un alleato.
Sino a che verrò meno, sarò vivo.
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L’assenza dei pezzi

La confusione inquietamente dichiarata
del coro di uccelli è affilata dalla lastra di ghiaccio del mattino.
Le persone per le vie ingurgitano l’aria gelata, nelle proprie
gesta una all’altra presuntuosamente scacciano
i passeri. Un cielo piatto, non scritto. Nessuna
traccia di ombre. I corvi si stringono silenziosi a sé.
Passano. Le loro penne rivoltate in direzione
di un qualche nord straniero, desolato. I miei movimenti
per tre settimane ancora saranno non sgusciati. La digestione del dolore
si è fermata con la decisione dell’acqua che ogni volta
si congela: lo spazio è imbalsamato con una fredda palla di neve appiccicata
e le ore di nuovo fedelmente seguono il proprio giro.
Al centro della costante quiete delle case sta
un pettirosso, confuso guarda di qua e di là.
L’inquieto tremolio delle sue ali senza un motivo apre
e chiude un rifugio per rapide sparizioni, alle quali
siamo così soggetti: la solitudine, la bramosia,
l’immutabilità. Nella giustezza della parabola,
nella quale la sazia cinciallegra sorvola la distanza
tra il recinto e l’arbusto, vedo la leggera
eleganza delle proposizioni abilmente composte –
una breve distanza, in mezzo però nel risvolto dell’aria
curvi momenti di compimento erotico.
Queste fugaci nuvolette di assenza sono solo per me.

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Andrej Ho?evar (Maribor, Slovenia, 1980). Ha pubblicato cinque raccolte di poesia, l’ultima delle quali nel 2011 (Leto brez idej, Un anno senza idee). È membro del comitato editoriale della rivista Literatura, caporedattore dell’edizione online e direttore di collana. Oltre alla poesia, scrive anche saggi e recensioni sia di libri che di musica.
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Michele Obit (1966) vive a San Pietro al Natisone (Udine). Ha pubblicato le raccolte poetiche Notte delle radici (1988), Per certi versi / Po drugi strani (1995), Epifania del profondo / Epiphanje der Tiefe (Austria, 2001), Leta na oknu (2001), Mardeisargassi (2004), Quiebra-Canto (Colombia, 2004), Le parole nascono già sporche (2010) e Marginalia/Marginalije (Lubiana, 2010).
Ha tradotto in italiano i più importanti poeti sloveni delle giovani generazioni e scrittori come Miha Mazzini, Aleš Šteger e Boris Pahor.

Per le pagine on-line di Atelier ha tradotto Peter Semoli?