Andrea Breda Minello – Inediti

ANDREA BREDA MINELLOAndrea Breda Minello (1978) è nato a Treviso, dove vive e lavora come docente. È poeta, traduttore, drammaturgo. Ha esordito in X quaderno di poesia contemporanea e ha edito Del dramma, le figure (Zona, 2015) e Yellow (Oèdipus, 2018). Come traduttore: Julien Burri, Se solamente (Kolibrìs, 2010), Anna de Noailles, Poesie d’amore (Aricpelago Itaca, 2019) con cui è stato finalista al Premio Marrazza. Un racconto è uscito in Le notti (Empirìa, 2003). Ha ultimato il suo primo romanzo. Sue poesie sono uscite su “Poesia”, “Nuovi Argomenti”, “L’Immaginazione”, “Versodove”. Collabora con “Testo a Fronte” e con “l’avantionline”.

Andrea Breda Minello
Inediti 

 

da RUNE

RAIDO ?

Tu sei matto– quante volte me lo ripeti
Tra l’orizzonte e il ponte del diavolo
Che ci trasporta in una terra
Dove le rade si confondono con il sole
Perpendicolare a battere sul bianco delle tempie

Ti prendo per il braccio, creature sospese
Per benedizione di dei barbari
In un tempo antico di maghe e sortilegi
Tra i rovi di more e biancospini

A questa perfezione non vi può essere fine

*

Mentre al ritorno Fondamenta della Misericordia
Registra la memoria del nostro transito

In riva seduti a un tavolino
Ordiniamo due tipi diversi di sidro

Nessuno dei due vuole davvero lasciare incompiuta
La gioia creata dal respiro dell’isola –

In alto appollaiato su un merletto
Un gabbiano tutela il nostro sentimento

Ti scatto alcune foto
In una, sidro alla mano,
                                    Al di là dei tuoi anni
Assumi la sua stessa postura.

Qui, in questo luogo, esistiamo

*

E anche se ora siamo in ritardo, non corriamo,
Il nostro Quotidiano scorre parallelo

Ti trascino, talvolta mi vergogno
Di cercare il tuo corpo, non posso dire
Del tuo odore, del mio corpo che muta
Quando ti sfiora
Talvolta mi vergogno, quando ti prendo
Sottobraccio di quello che la gente…

Davvero ti importa qualcosa?

A questa perfezione non vi può essere fine.

ALGIZ ?

Abbandoni gli altri bambini, corri fuori
Lo chiami per nome.

Di colpo ti arresti, immobile.

Lo vedi, in piena meridiana, di spalle
Il piccolo inginocchiato che tiene
Raggomitolato
Un cucciolo di cane destinato a diventare
Cibo commestibile per mosche e lombrichi.

In fondo in questa terra estrema
La fame è ineluttabile abitudine di miseria

Si gira, ha sentito d’istinto la tua presenza
Ti supplica senza lacrime
Senza suono alcuno
Di salvare almeno lui, di non permettere
Che la morte renda orfane altre creature.

Sperimenti impotente per la prima volta
La disperazione di un padre
Di non poter adempiere all’umana preghiera.

NOTE DELL’AUTORE: Runa in norreno indica il sussurro o meglio il segreto sussurrato. L’alfabeto runico, composto da venticinque glifi, che affianco alla traslitterazione, rappresenta l’antica sapienza dei paesi scandinavi. Le Rune- per chi scrive- sono archetipi junghiani della Natura, capaci di incarnare e smuovere flussi energetici, e di essere sostanzialmente il contraltare della vita.
Le Rune incarnano gli aspetti più intimi dell’esistenza.

Algiz (da leggersi con suono duro) è la Runa della preghiera, della cura e della protezione.

Raido è la Runa del viaggio fisico e spirituale. In tre movimenti, ferma istanti di un itinerario dell’anima che si snoda tra Torcello e Venezia.


 

Fotografia di S. Cusumano.