Abdoulaye Traoré – Due inediti

WhatsApp Image 2018 06 03 at 21.43.07Abdoulaye Traoré nasce il 22 Luglio 2000 nel piccolo centro di Banco in Mali (Africa) da Nana Keita e Youssouf Traoré. Primogenito di due fratelli, Abdoulaye inizia le scuole a sei anni in Banco e le conclude prematuramente all’età di 14. Nel 2014 decide di andare via per recarsi a Bamako. Nel 2017 Abdoulaye scappa da Bamako e pur di cambiare la sua vita si assume tutti i rischi di un viaggio terribile e lungo verso l’Italia. Dopo essere sbarcato a Salerno nel novembre del 2017, viene collocato presso la comunità alloggio per minori Approdo del Re, situata a Pellezzano in provincia di Salerno, e gestita dall’impresa sociale Kuroi. Abdoulaye ha incontrato la poesia grazie all’associazione Duna di Sale, al Salerno Festival Letteratura e a CPIA di Salerno che, tramite Daria Limatola, hanno organizzato degli incontri letterari e poetici a scuola e presso la cattedra di Letteratura Italiana della prof.ssa Rosa Giulio, (Dipartimento di Studi Umanistici dell’ Università degli Studi di Salerno) con la partecipazione della dott.ssa Eleonora Rimolo. Si ringraziano la prof.ssa Rosa Izzo del CPIA e l’operatrice della comunità Sonia Arena per la disponibilità.

Abdoulaye Traoré 
Due inediti

*

SUL MARE VIDI BAMBINI E DONNE ANNEGARE

 

Sul mare vidi bambini e donne annegare.

La mia amica Lovette
è annegata.

Lei aveva
un germoglio
un sogno
che aspettava di fiorire raccolto.

Ora posso
solo
parlare di Lovette
e vivere ancora i nostri fiori.

Sogni.

*

Madre. Vorrei ancora essere vicino a te,
ritornare bambino vicino a te, come quando
avevo cinque anni, e tenerti ora tra le braccia.
Tuo figlio finora è stato così vicino a te, madre,
e ora può solo pensarti. Grazie per tutto quello
che hai fatto per me. Madre mia, ora posso
solo pensarti. Madre, tu che per prima cosa
mi hai aperto gli occhi alle meraviglie della terra,
tu che mi hai portato sulle spalle, tu che sei stata
complice dei miei primi passi, tu che hai lasciato
le mie braccia, tu che ora hai il cuore dell’oceano
lacerato, ora posso solo pensarti. E ringraziarti.

Nota di Matteo Fantuzzi:

C’è qualcosa di cui non si parla molto nell’ultimo periodo: la dignità. La poesia può essere lo strumento attraverso cui chi scrive afferma la propria dignità umana, il proprio esserci nel mondo nonostante le diffidenze e le miserevolezze che lo circondano? Siamo ancora in grado di leggere un testo senza per forza guardare prima chi lo ha scritto, chi rappresenta, se dietro di lui ci sono Università, riviste, centri culturali, giornali?

La storia di Abdoulaye Traoré conserva salda quella dignità, i suoi testi vivono di una forza che probabilmente noi non siamo nemmeno in grado di vedere troppo impegnati a denigrare chi è diverso da noi, troppo impegnati a definire cosa sia normale, lecito. In poesia e per qualunque argomento (si veda anche in questo senso la vicenda di Giovanna Cristina Vivinetto accolta un poco di tempo fa anche su questi spazi).

Prendiamoci il tempo per asciugare tutte le sovrastrutture e vedere le persone per quello che sono: gli scrittori e i poeti come persone che raccontano e scrivono, gli uomini come esseri umani, le persone diverse da noi altrettanto come esseri umani. Prendiamoci il tempo per accogliere, comprendere, ascoltare. A casa loro, che poi è casa nostra, che poi è la casa di tutti. Perché tutti abitiamo la stessa casa.


Fotografia di proprietà dell’autore.