Manuel De Freitas

DE FREITASManuel de Freitas è nato nel 1972, a Vale de Sentarém. Poeta, traduttore e saggista, vive e lavora a Lisbona, dove a creato nel 2002 – insieme a Inês Dias – la casa editrice Averno. Dal 2000 scrive regolarmente recensioni letterarie per il settimanale Expresso, in gran parte raccolte nel libro Pedacinhos de Ossos (Lisbona, Averno, 2012). Come poeta, ha pubblicato quasi quattro decine di titoli, di diversa lunghezza. È stato tradotto in spagnolo, svedese e inglese. Ha anche curato varie antologie poetiche, tra cui Poetas Sem Qualidades (Lisbona, Averno, 2002) e A Perspectiva da Morte (Lisbona, Assírio & Alvim, 2009). Ha tradotto in portoghese opere di Anatole France, E.M. Cioran, Josep M. Rodríguez, Lautréamont e Mariano Peyrou. 

 

Manuel De Freitas

(inediti)

Traduzione dal portoghese di Daniela Di Pasquale

 

 freitas 01

CHÃO ANTIGO
                             para o António Manuel Couto Viana
É pena que já não existam
esses lugares imundos – puros, quero eu
dizer – onde a morte entrava
sem ter de pedir licença.
Lugares onde eram por igual sinceros
o sono, o vómito ou a sombra de um abraço
(Mayakovsky e Céline tinham a mesma importância
e a sorte de não serem futebolistas).

É pena que já não possamos
comemorar no chão a derrota
do corpo pela manhã. Ao lavarem
os copos, da última vez, houve duas
ou três gerações que se partiram.
Talvez eu pertencesse a uma delas – mas
isso, ao poema, importa muito pouco.

Há um lugar que escreve sobre
a ausência de todos os lugares.
Tonéis de vários tamanhos
onde inscrevi, por distracção,
o único nome verdadeiro.
Estou a falar, naturalmente,
de tabernas.
Mas talvez não seja apenas isso.

SUOLO ANTICO
                             ad António Manuel Couto Viana

È un peccato che non esistano più
quei luoghi immondi – puri, intendo
dire – dove la morte entrava
senza dover chiedere permesso.
Luoghi dov’erano ugualmente sinceri
il sonno, il vomito o l’ombra di un abbraccio
(Mayakovsky e Céline avevano la stessa importanza
e la fortuna di non essere calciatori).

È un peccato che non possiamo più
commemorare a terra la sconfitta
del corpo al mattino. Nel levare
i calici, l’ultima volta, ci furono due
o tre generazioni ridotte in pezzi.
Forse anch’io appartenevo a una di loro – ma
questo, alla poesia, importa assai poco.

C’è un luogo che scrive della
assenza di tutti i luoghi.
Botti di varie misure
su cui ho inciso, per distrazione,
l’unico nome vero.
Sto parlando, naturalmente,
di osterie.
Ma forse non si tratta solo di questo.

freitas 02

POMPE INUTILI
                             para a Silvina Rodrigues Lopes

Ninguém nasce; seria descabido
chamar alguém aos resíduos
de placenta que envolvem
um conjunto de órgãos
a tudo ou quase tudo predispostos.

Só os mortos, verdadeiramente,
existem. Escreveram ou não
escreveram livros, cartas de amor,
diários. Não importa: cruzaram-se
connosco, sentaram-se por vezes
à mesma mesa, acreditaram até
no terno suplício do amor.
E tinham mãos reais, ao tocarem
o rosto imberbe de que se despediam.
Um beijo, sobre rugas apenas,
conseguia tornar menos frias as manhãs.

Despedem-se muito mal, os mortos.
Embora, por uma vez, sejam
exactos e sinceros – no momento
em que descem à terra e nos impedem
de partilhar com eles um cigarro,
o último copo, uma espécie de destino.

São terrivelmente reais, os mortos.
A vida inteira não chega
para que possamos matá-los a todos,
um a um, como decerto aconselharia
a mais elementar higiene metafísica.
Dão-nos, contudo, a força necessária
para morrer cada vez mais, tolerando
dias de aluguer, casas ligeiramente
inabitáveis. Porque os outros, na
verdade, não passam de mortos imperfeitos.
Estão, como nós, um pouco demasiado vivos.

Talvez um dia, porém, venham a
assinar um poema assim (e pode até não ser
um poema, muito menos assim), em que se note,
além das influências óbvias, uma certa
– digamos – especialização no horror.
Pois é disso apenas que se trata.

Os mortos sabem-no.
A sabedoria é inútil.
A poesia também.

POMPE INUTILI
                             a Silvina Rodrigues Lopes

Nessuno nasce; sarebbe uno sproposito
chiamare qualcuno i residui
di placenta che avvolgono
un insieme di organi
a tutto o quasi a tutto predisposti.

Solo i morti, veramente,
esistono. Che abbiano scritto o non
abbiano scritto libri, lettere d’amore,
diari. Non importa: li abbiamo
incrociati, a volte si sono seduti
allo stesso tavolo, hanno persino creduto
nel tenero supplizio dell’amore.
E avevano mani reali, nel toccare
il viso imberbe da cui si congedavano.
Un bacio, soltanto sulle rughe,
riusciva a rendere meno freddi i mattini.

Si congedano molto male, i morti.
Sebbene, per una volta, siano
esatti e sinceri – nel momento
in cui scendono nella terra e ci impediscono
di condividere con loro una sigaretta,
l’ultimo bicchiere, una specie di destino.

Sono terribilmente reali, i morti.
La vita intera non basta
perché si possa ucciderli tutti,
uno ad uno, come di certo consiglierebbe
la più elementre igiene metafisica.
Ci danno, tuttavia, la forza necessaria
per morire sempre di più, tollerando
giorni in affitto, case leggermente
inabitabili. Perché gli altri, in
verità, non sono altro che morti imperfetti.
Sono, come noi, un po’ troppo vivi.

Forse un giorno, però, potranno
firmare una poesia così (e può anche non essere
una poesia, molto meno così), in cui si noti,
oltre alle influenze ovvie, una certa
– diciamo – specializzazione nell’orrore.
Perché è solo di questo che si tratta.

I morti lo sanno.
La saggezza è inutile.
La poesia anche.

 

 freitas 03

GRAND HOTEL KØBENHAVN, 326

Onze horas: a tua mão adormecida marca
agora um conto de Karen Blixen
– veremos em breve essa casa cinzenta,
em Helsingør – enquanto eu ouço uma sonata
de Scarlatti tocada por Scott Ross
e sei que também isso ficarei a dever à Dinamarca.

Apontamentos culturais? Podem até chamar-lhes
assim, ignorando a áspera nudez da voz,
o grito comum que viemos suspender aqui.
Lá em baixo, por exemplo, os funcionários do
restaurante, terminado o serviço, abrem
a terceira garrafa de champanhe e fumam
ruidosamente, como se amanhã não existisse.

A questão, no fundo, é apenas esta: há momentos
em que a vida nos parece quase bela,
escolhos onde embatem as mais íntimas certezas.

Talvez adormeçamos lado a lado,
de costas para a morte, e haja corsários ao fundo,
um mar de gelo protegendo-nos da noite.

GRAND HOTEL KØBENHAVN, 326

Ore undici: la tua mano addormentata segna
ora un racconto di Karen Blixen
– vedremo tra poco quella casa grigia,
ad Helsingør – mentre io sento una sonata
di Scarlatti suonata da Scott Ross
e so che dovrò anche questo alla Danimarca.

Appunti culturali? Potete anche chiamarli
così, ignorando l’aspra nudità della voce,
il grido comune che siamo venuti a sospendere qui.
Laggiù, ad esempio, i dipendenti del
ristorante, terminato il servizio, aprono
la terza bottiglia di champagne e fumano
rumorosamente, come se non ci fosse un domani.

La questione, in fondo, è solo questa: ci sono momenti
in cui la vida ci sembra quasi bella,
scogli su cui sbattono le più intime certezze.
Forse ci addormentiamo fianco a fianco,
di spalle alla morte, e ci saranno corsari sul fondo,
un mare di ghiaccio a proteggerci dalla notte.


Manuel de Freitas è nato nel 1972, a Vale de Sentarém. Poeta, traduttore e saggista, vive e lavora a Lisbona, dove a creato nel 2002 – insieme a Inês Dias – la casa editrice Averno. Dal 2000 scrive regolarmente recensioni letterarie per il settimanale Expresso, in gran parte raccolte nel libro Pedacinhos de Ossos (Lisbona, Averno, 2012). Come poeta, ha pubblicato quasi quattro decine di titoli, di diversa lunghezza. È stato tradotto in spagnolo, svedese e inglese. Ha anche curato varie antologie poetiche, tra cui Poetas Sem Qualidades (Lisbona, Averno, 2002) e A Perspectiva da Morte (Lisbona, Assírio & Alvim, 2009). Ha tradotto in portoghese opere di Anatole France, E.M. Cioran, Josep M. Rodríguez, Lautréamont e Mariano Peyrou. 

  
Daniela Di Pasquale si è laureata in Lettere Moderne nel 2002 (Università di Milano), con una tesi in Lingua e Letteratura Portoghese e ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Letterature Moderne e Comparate nel 2006 (Università di Genova), con una tesi di comparatistica letteraria luso-italiana (Metastasio al gusto portoghese. Traduzioni e adattamenti del melodramma metastasiano nel Portogallo del Settecento, Aracne, 2007). Dal 2007 al 2013 è stata borsista di post-dottorato presso il Centro de Estudos Comparatistas dell’Università di Lisbona, dove ha condotto un progetto di ricerca sulla ricezione di Dante in Portogallo. Traduttrice letteraria dal portoghese all’italiano, ha lavorato per Cavallo di Ferro e ha recentemente tradotto la silloge poetica di Ricardo Gil Soeiro (L’apprendista di enigmi, Aracne, 2012). Ha svolto attività di docenza universitaria in Portogallo nell’ambito della cultura italiana e della traduzione, con particolare interesse per il teatro, l’opera lirica e la poesia.Molteplici sono i riconoscimenti ottenuti per la sua attività di prosatrice. In poesia ha pubblicato Mater Babelica (Faloppio, LietoColle, 2014).